Il RICORSO AL TAR DEL NOSTRO COMITATO HA AVUTO ESITO POSITIVO E LA CONVENZIONE URBANISTICA, I PERMESSI A COSTRUIRE E TUTTI GLI ATTI SEQUENZIALI SONO STATI ANNULLATI ED IL COMUNE CONDANNATO ASSIEME ALLA SOCIETA’ EUROIMMOBILIARE AL RISARCIMENTO DELLA SPESE DI LITE.
C’era una volta un paese immaginario alle porte di Roma.
Un paese dove la politica era solo una vetrina per gli affari familiari, in questo paese c’erano i montecchi ed i capuleti, gli orsini ed i dominichini, i devoti e gli agnostici, ognuno aveva una sua fonte di guadagno.
C’erano quelli delle olive, quelli del vino, quelli del cemento, quelli dei centri anziani e degli asili nido, delle feste e delle sagre… insomma ogni famiglia aveva i suoi affari da portare avanti.
Come ogni paese c’era il signorotto di turno che ogni 5 anni veniva eletto ad acclamazione popolare, ma per arrivare ad essere acclamato doveva farsi una bella campagna elettorale senza badare a spese e spesso proprio per pagarsi questa campagna elettorale e crearsi il proprio bacino di voti era necessario accordarsi con queste famiglie portatrici di interessi, tanto si sa che poi queste finanziavano a destra e sinistra, di sopra e di sotto, pur di avere un tornaconto.
E’ così che pur di andare a turno su questa o quell’ altra poltrona ogni politico di professione finiva per perdere la faccia e svendere metro quadrato per metro quadrato il territorio del paese alle famiglie portatrici di interessi.
Un bel bosco di castagni diventava un progetto edilizio di palazzacci/villette, una zona archeologica un supermercato e/o centro commerciale, un’area verde o una ex-cantina un parcheggio ecc…
Per facilitare progetti, che parrebbero improponibili illustri strateghi si riunivano nelle segrete stanze di logge e ordini cavallereschi per dirigere gli eventi nel paese, affiliare pedine forti e preziose ed accrescere il proprio potere.
Succede così che si pilota a tavolino la chiusura di un parcheggio vicino alle poste in modo da costringere le auto a parcheggiare una sopra l’ altra in mezzo alla strada e, scatenare l’ inferno delle contravvenzioni ed appostamenti per rimpinguare le casse comunali, per poi, tirare fuori dal cappello un parcheggio multipiano che si sarebbe dovuto posizionare a due passi, MA SOLO SE quel particolare progetto edilizio al posto del bosco fosse andato in porto come dicevano loro.
LORO salvatori del paese immaginario.
Ma non è tutto, perché a volte capita che per facilitare progetti insussistenti e di inesistente utilità sociale quel comune finisse per fare salti mortali dimenticandosi del piano regolatore e approvando progetti edilizi in tutta fretta pur di evitare che le procedure fallimentari, di chi sponsorizzava il progetto finissero per pignorare anche terreni e casali a queste famiglie.
Insomma una politica di riguardo che decide di fare (ed intascare soldi per progetti) SOLO da chi dice lei e SOLO per facilitare i progetti di pochi (amici e parenti).
I cittadini si indignano e si ribellano ed ogni 5 anni cambia la politica, cambiano le facce (neanche tutte), ma i progetti da portare avanti sono sempre quelli delle famiglie finanziatrici delle campagne elettorali, quindi in questo paese non si può neanche più aprire una attività privata come un asilo nido/casa famiglia, che ti arriva la politica di turno, che decide che la priorità oggi è creare un regolamento in modo da rendere illegale ciò che prima era legale (far chiudere questa attività non benedetta) e dare libertà di movimento a nuove cooperative paesane (quelle si benedette) per aprire centri estivi e nuovi nidi senza la concorrenza, di chi viene da fuori. Se poi nel fare questo si riescono anche a rigirare e spartire i fondi regionali, che altrimenti sarebbero dovuti essere divisi equamente tra tante realtà imprenditoriali (e non solo agli amici di turno), beh questo sarebbe il non plus ultra.
Anche questo succede in questo paese immaginario e non si può fare nulla.No perché la politica è di parte e gli uffici comunali, se non sono indagati per precedenti, sono pronti a tirare fuori dal mazzo atti illeciti e persecuzioni contro quelli che urlano fuori dal coro.
Si perché un paese che finisce in default e si ritrova con le pezze sul deretano per coprire buchi finanziari creati dalla non riscossione delle tasse a chi sappiamo noi, non puoi pretendere che chi non ha mai pagato TARI, TARSU, TASI, IMU, MENSA SCOLASTICA per decine e decine di anni oggi cominci a pagarle.
E se tu che paghi, pretendi che lo facciano anche i protetti del sistema, beh sei un nemico del sistema e vai contro lo status-quo, e quindi ti arriveranno cartelle esattoriali non dovute, accertamenti e sopralluoghi edilizi, esposti anonimi, inviati, protocollati ed a cui dato seguito dagli stessi funzionari, che la voce fuori dal coro va a denunciare giornalmente.
E così la regola aurea risulterà non fornire MAI l’ accesso agli atti a chi rema contro, prendendosi sempre le opportune denunce in procura per omissione di atti d’ufficio , poi regolarmente archiviate come denunce verso ignoti. Anche quando si chiedono atti di bandi di gara come la mensa scolastica, contratti vessatori e parchimetri stipulati contro i cittadini per far arricchire qualcuno e farci mangiare (gratis) altri… tutto apposto abbiamo le spalle larghe e non ci meravigliamo più di niente!I cittadini che non si allineano con questo concetto di paese delle meraviglie devono necessariamente soccombere allo strapotere del potere, ma fuori dal paesino delle meraviglie c’è il mondo.
C’è la magistratura, la polizia, la procura, la GDF e “santo” ANAC che vigila e veglia su di noi (anzi su di loro).E questi scomodi paesani acquisiti, che nessuno del sistema vorrebbe qui, perché le regole le DEVONO RISPETTARE SOLO LORO (non chi appartiene alimenta e foraggia questo sistema!)… Insomma questi scellerati scomodi residenti possono mettere i bastoni in mezzo alle ruote in maniera talmente dirompente che in questo paese delle meraviglie potrebbero trovarsi a dover cambiare un piano regolatore perché un progetto edilizio è stato prima bocciato al TAR e poi al consiglio di Stato e per indolare la pillola e fornire lo specchietto per allodole in questo cambiamento ci potrebbe anche finire una nuova scuola (che mai verrà fatta) e magari anche un albergo sempre vicino al supermercato… (perché si sa, gia che ci siamo perché esporsi per poco tanto vale spararla grossa!), così la famigghia potrebbe presentare al tribunale fallimentare un pezzo di carta e non fallire!
Bello pensare che in questo paese delle meraviglie il comune e gli uffici comunali si prodighino tanto (addirittura facendo cose potenzialmente illecite come emettere permessi a costruire su zone inedificabili) pur di salvare i compaesani dai fallimenti…
Se lo facessero anche con tutti i commercianti in difficoltà economica, magari non ci perderebbero la faccia!Per non parlare dei condoni e sanatorie edilizie facili per gli ingranaggi del sistema ed impossibili per i non adepti.
E nel far questo potrebbe anche capitare che una vicenda di 40 anni finisca in un nuovo ricorso a causa del tentativo di aggirare le sentenze passate in giudicato con nuove destinazioni urbanistiche… abusivismi annullati (neanche condonati) sia dove erano presenti reperti archeologici, sia dove erano presenti boschi cedui e tutte le persone che proseguono con questi illeciti finirebbero per essere messe in fila una per una e segnalate in procura indifferentemente dal ruolo, che ricoprono nel grande disegno (che siano deus ex machina o semplici passacarte/galoppini…) tutti nel grande tritacarne della giustizia sommaria di fronte alla partecipazione perpetrata a tentativi di scempi ambientali ai quali i cittadini dicono NO.
MA CHE BEL PAESE IMMAGINARIO… SPERIAMO RESTI SOLO IMMAGINARIO!
Questo
articolo nasce dall’esigenza di fornire dei riferimenti solidi e
facilmente consultabili agli attivisti Stop5G ed a tutti coloro,
che si battono usando la ragione per il riconoscimento del “danno”
provocato dall’esposizione alle radiofrequenze non ionizzanti.
Partendo
da concetti base di epistemologia, ovvero della filosofia della
conoscenza e proiettandoli alla questione del riconoscimento e
della validazione dei risultati e degli studi scientifici, che
dimostrano gli effetti biologici derivanti da una esposizione
incontrollata ai campi elettromagnetici, questo piccolo lavoro
cerca di chiudere il cerchio sulle false notizie, per lo più
negazioniste, messe in giro da tutti coloro, che hanno interesse a
far si che il nuovo standard di telefonia (5G) prenda il
sopravvento e si affermi nella vita comune. Non si tratta di una
semplice sostituzione tecnologica, ma di un aggiunta molto
invasiva nella nostra quotidianità, che porterà
irrimediabilmente a mistificare lo sviluppo economico di queste
nuove “comodità digitali” con un qualcosa, che nulla ha a che
vedere con il concetto di “progresso” dell’Umanità e/o di
sostenibilità ambientale.
In
questo scritto cercheremo di parlare di Scienza quella con la “S”
maiuscola!
Sebbene
il disquisire di Scienza presupponga una certa padronanza
dell’argomento, va detto come non risulti strettamente necessario
essere degli scienziati o dei ricercatori per potersi esprimere su
alcuni concetti, purché si abbia la costanza di essersi informati
SERIAMENTE prima per essere in grado di affrontare adeguatamente le
varie sfaccettature.
Il
problema insormontabile del comune cittadino che si informa su un
argomento, di cui non è esperto, risulta essere il famigerato ISPE
DIXIT a cui ci si appella, inevitabile corollario di chi riporta le
parole altrui e, inevitabilmente nel far questo, possa in un modo
inconsapevole, od in un modo deliberato, travisare il senso ultimo di
quello, che viene riportato.
Mentre
nel primo caso un “inconsapevole casinaro” non costituisce un
problema per la Scienza, poiché agisce in buona fede e quindi con il
minimo sforzo può essere edotto della cosa e, conseguentemente
corretto, il “deliberato mistificatore”, ha uno scopo
fondamentale nel riportare le informazioni nel modo scorretto e
questo scopo è far passare il messaggio voluto, anziché le vere
sfaccettature del pensiero scientifico ovvero travisare il concetto
di errore statistico come prova inconfutabile della fallacia di un
ragionamento o di una congettura antagonistica. Contro il
mistificatore deliberato non si hanno grandi armi se non sbattere in
faccia (magari pubblicamente) le evidenze scientifiche e questo,
purtroppo porta a contenziosi e contraddittori sopra le righe, che
poco hanno a che vedere con il sano dibattito scientifico.
Nel
corso degli ultimi anni è stato coniato un termine che si adatta
perfettamente a questa categoria di discutibili esperti, che
riportano furbescamente (a proprio comodo) le informazioni volute
rispetto un argomento, ne omettono altre e nel bilancio finale
riescono a far passare un messaggio fondamentalmente di parte, che
però nel complesso diventa inesorabilmente ed oggettivamente falso.
Il
termine coniato è SCIENTISMO ovvero quella folta schiera di
individui, che spesso si scoprono collusi con il potere, che
mistificando un discorso scientifico, riescono a trasmettere un
messaggio fuorviante e, di fronte alle evidenze della loro visione
limitante di quell’argomento, si appellano all’IPSE DIXIT
affermando che non si tratterebbe di parole proprie, ma di
affermazioni rilasciate/estratte da studi e/o interviste di questo o
quell’altro studioso dell’argomento.
In
termini storici più bui si sarebbe potuto urlare alla caccia alle
streghe, all’inquisizione spagnola oppure a quella semplice e sana
propaganda di regime, li dove un regime per interessi di salvaguardia
e tutela del proprio status quo, pretenda di
attuare una censura mirata sui contenuti scomodi.
Di
fatto lo scientismo è una arma molto dirompente nelle mani della
propaganda di qualsiasi status quo e per la sua sola ragione di
essere e di contrapporsi alla sana dialettica scientifica,
rappresenta un pericolo incommensurabile per una società civile, che
abbia come obiettivo storico il “conseguimento di virtute e
conoscenza” di dantesca memoria.
Ma
facciamo un passo indietro ed andiamo a comprendere di cosa si parla
quando si richiama il metodo scientifico e la scienza (quella con la
“s” minuscola) per conferirsi un tono di autorevolezza, che
altrimenti non si avrebbe.
Il metodo scientifico, o
metodo sperimentale, è la modalità tipica con cui la Scienza
procede per raggiungere una conoscenza della realtà oggettiva,
affidabile, verificabile (riproducibile) e condivisibile. Esso
consiste, da una parte, nella raccolta di dati empirici sotto la
guida delle ipotesi e delle teorie da vagliare; dall’altra,
nell’analisi rigorosa, logico-razionale e, dove possibile, matematica
di questi dati, associando cioè, come vennero chiamate per la prima
volta da GALILEO GALILEI, le «sensate esperienze» alle
«dimostrazioni necessarie», ossia dalla sperimentazione alla
matematica.
Per
poter effettuare una sensata esperienza/esperimento, che sia anche
riproducibile da altri scienziati è necessario adottare un
protocollo sperimentale, che possa essere identificato in un metodo
scientifico chiaro e semplice. A questo metodo sperimentale andrà
associato un metodo di trattazione (matematico/statistica) per
identificare ed estrarre un contenuto da evidenziare. L’ insieme di
questi metodi ed esperienze vengono detti Studi Scientifici.
Il
succo di un esperimento/studio scientifico è, come affermava
Einstein:
«Nessuna
quantità di esperimenti potrà dimostrare che ho ragione; un unico
esperimento potrà dimostrare però
che
ho sbagliato!»
Con
questa semplice affermazione Albert Einstein introduce il concetto di
“Principio di Falsificabilità” di una teoria scientifica. Il
padre di questo criterio epistemologico si chiama Karl Popper, il
quale identifica un unica direzione per delineare la strada, che
porta al progresso scientifico, ovvero al progresso del sapere umano
e questa strada viene identificata con la falsificabilità di una
congettura (ipotesi/teoria).
In
particolare nella scienza si procede per congetture e la capacità,
che un esperimento possa effettivamente falsificare una congettura, è
determinata dalla sua naturale propensione alla falsificabilità.
Solo quando una congettura è empiricamente falsificabile allora si
parla di risultato scientifico, in caso contrario si parla di
metafisica (non-scienza).
Questo
Popper ricordava:
«L’inconfutabilità
di una teoria non è (come spesso si crede) un pregio, bensì un
difetto. Ogni controllo genuino di una teoria è un tentativo di
falsificarla, o di confutarla. La controllabilità coincide con la
falsificabilità; alcune teorie sono controllabili, o esposte alla
confutazione, più di altre; esse per così dire, corrono rischi
maggiori, ma sono al contempo maggiormente scientifiche.»
In
sostanza è possibile asserire una qualsiasi affermazione che abbia
connotati scientifici se e solo se la stessa affermazione risulti
falsificabile; chiaramente, per definizione stessa di scienza, non
risulterebbe possibile eseguire la stessa affermazione in maniera
dogmatica ovvero non falsificabile ovvero spacciata per verità
assoluta, sebbene questa risulti prassi usuale dello Scientismo in
azione.
A
tutto questo discorso preliminare chiaramente va aggiunto che la
stessa teoria e/o prova falsificatoria (esperimento) può incappare
essa stessa in un analogo contro-esperimento falsificatore, che
qualora confutasse nel merito il risultato raggiunto potrebbe
invalidare la falsificazione originaria.
La
tecnica più adoperata dalle flotte di scientisti patentati è il
tentativo di screditare gli interlocutori, che asseriscono o portano
sul tavolo della discussione scientifica degli studi, che falsificano
le congetture scientiste.
Le
modalità adottate dallo scientismo per evitare il confronto sono
sempre le stesse:
gli
autori non sono autorevoli (tentativo di screditare gli autori
definendoli non all’altezza del confronto): “io parlo solo con
persone al mio livello, con professori ordinari, con ricercatori,
con laureati ecc.”
lo
studio e/o la statistica non è adeguata (tentativo di screditare lo
studio definendolo non all’altezza del confronto): “questo
studio è pubblicato su una rivista non adeguata o a basso impact
factor ecc…”.
ci
sono altri studi (magari tantissimi), che trovano risultati
differenti (tentativo di screditare il risultato sulla base dei
contro studi riconosciuti, magari preparati e confezionati al
bisogno).
Ognuno
di questi tentativi molto cari ai talk show televisivi, denota solo
una goffa comprensione delle più basilari regole epistemologiche e
nel complesso tramuta una affermazione da scientifica (confutabile)
in dogmatica (ipse dixit).
Tanto
è che a corollario delle comuni tecniche di mantenimento dello
status-quo scientista si materializzano delle vere e proprie
operazioni di censura che, un eventuale braccio colluso di scienziati
può decidere di porre in essere per non dare seguito a delle
affermazioni alternative e controproducenti per il dogma scientista
di turno. La CENSURA (di regime) è sempre una azione deprecabile da
qualsiasi ambito essa venga posta in essere poiché la Scienza
(quella vera) non ha bisogno di censura alcuna per affermare e
consolidare un trend scientifico.
Da
notare che si è parlato di trend poiché trattasi SEMPRE E SOLO DI
TREND e MAI DI VERITA’. Questo ricorso alla censura è chiaramente
auspicato nel caso, in cui vi siano dei risvolti economici non
indifferenti nel far affermare una visione del mondo rispetto ad
un’altra e/o questa o quella congettura non verificata possa in un
qualche modo alterare la percezione del rischio e/o costituire un
pericolo per la salute pubblica.
Quindi
in sostanza, come
garanzia di principio per una corretta pratica di ricerca, è, oltre
alla “fede nella ragione”, mantenere
SEMPRE un atteggiamento
di apertura
verso i fatti
(ovvero
di predisposizione fallibilista
della
tesi, che si appone),
volto
ad arricchire continuamente il contenuto informativo della teoria con
cui si
lavora, tramite ripetuti tentativi di messa alla prova della teoria
stessa.
Alla
mera teoria falsificazionista popperiana si contrappone un altro
epistemologo di fama mondiale, l’anarchico
Paul K. Feyerabend, il
quale, nelle
sue
battaglie contro il metodo scientifico, evidenziò
spesso come
molti progressi scientifici epocali, per lo più inaspettati
ed
insperati,
nacquero
proprio
da congetture, che non avevano
seguito
le solite prassi del metodo scientifico e si cristallizzarono
in maniera dirompente nel trend, di cui sopra.
Se
rapportassimo al panorama moderno le constatazioni di Feyerabend
dovremmo rivalutare le notizie virali, che circolano sui canali
social (chiaramente identificate come Fake News dalla flottiglia di
Scientisti di professione) e che spesso portano dietro una serie di
congetture, senza alcunissimo fondamento, che poi allo stato dei
fatti, si rivelano corrette. Questo approccio social-anarchico nel
90% dei casi porta a falsi positivi, ma in una piccola percentuale
rappresentano invece delle verità “scomode” tacciate per false,
solo perché contrarie alla “Verità” millantata dai sedicenti
scientisti di professione (e/o di regime).
Il
compito dello scienziato è quello di sfatare la Falsa Notizia e
tenere
il timone dritto nel conseguimento virtuosamente-asintotico
della verità su una determinata tematica, ma anche mantenere la
mente aperta a quel 10% di false notizie etichettate come tali dal
main
stream mediatico,
che
chiaramente
di falso non hanno nulla. In effetti a livello sociologico si è
assistito ad una impennata clamorosa di false notizie messe in
circolo proprio dai canali ufficiali nel tentativo di screditare le
vere notizie (spacciate comunque
per false)
per poi,
nel caso, in cui tutto questo non dovesse bastare,
essere autorizzati a calare la scure della censura e/o
dello screditamento seriale.
Quindi
molto
spesso le
stesse persone, che confutano ufficialmente
le
fake news (realmente false) sono gli stessi, che le diffondono per
poter appioppare l’etichetta di Terrapiattisti, Rettiliani,
Complottisti a chi invece porta avanti congetture reali e
scientifiche ed
in questo modo poter
scatenare
uno
“shitstorm”1
mirato a
screditare le tesi sostenute passando per il discredito delle
persone, che le sostengono. Queste
persone sono facilmente identificabili perché sono abituate a
denigrare chiunque sostenga una tesi differente dalla propria usando
termini e nomignoli come “GOMBLOTTO”, “TERRAPIATTISTA”,
“RETTILIANO” ( ecc…)
ergendosi ad un livello superiore della discussione.
Trattasi
di un film già visto e
spesso trattasi anche di persone finemente addestrate, che in un
certo senso possono
essere scatenate a livello mediatico, da chi ricopre
ruoli istituzionali/politici
e/o da
chi pratica
un mestiere in chiaro conflitto di interessi con le tesi scomode.
A
QUESTO PUNTO LE NOSTRE PILLOLE EPISTEMOLOGICHE POSSONO ESSERE
ASSOCIATE AD UN CASO REALE:
GLI
EFFETTI BIOLOGICI DANNOSI DERIVANTI DALL’ESPOSIZIONE ALLE
RADIOFREQUENZE NON IONIZZANTI
Le
tesi degli Scientisti si
configurano, comegià
raccontato, assumendo i connotati di VERITA’
ASSOLUTE:
“non
vi sono PROVE di danni derivanti dall’esposizione ai CEM non
ionizzanti”
oppure
“fatemi
vedere anche solo un esperimento che dimostri effetti dannosi e vi do
ragione”
oppure
ancora
“chiaro
che se dovesse emergere un danno alla salute ci fermeremmo,
ma
questo danno non c’è”
e
tante altre.
Cosa
afferma la vera Scienza (con la “S” maiuscola) nei riguardi di
queste affermazioni?
Intanto
ai seguenti siti sono disponibili alcune decine di migliaia di studi
scientifici moltissimi dei quali referati su riviste di fama
internazionale, che espongono i case-studies sull’interazione della
radiazione elettromagnetica non ionizzante con il materiale
biologico.
Sono
studi di tutti i
tipi, che
utilizzando
differenti
frequenze
ad
intensità differenti: ci
sono studi su animali, studi su umani, studi epidemiologici, studi su
cellule, batteri ecc.
Come
qualsiasi nuova frontiera di ricerca alcuni studi hanno dato esito
positivo, altri studi esito positivo ma statistica insufficiente,
altri studi hanno dato esito inconcludente e/o anche esito negativo.
In
percentuale gli studi sono al 50% evidenziano effetti positivi
(ovvero biologicamente rilevanti) ed altrettanto 50% evidenziano
effetti negativi (ovvero biologicamente non rilevanti o
inconcludenti).
Le
percentuali si modificano sensibilmente quando si vanno a
differenziare gli studi per quelli, che sono i canali di
finanziamento (si vedano Huss, Egger Hug, Huwiler-Munter and Rossli
2007; Myung, 2009; Dubey, Hammandiu and Gupta 2010; Lai 2010; Levis,
Minicuci, Ricci, Gennaro, Garbisa 2012; Hardell 2013). In particolare
se si prendono studi condotti da enti pubblici e/o non legati all’
industria delle TLC, la stragrande maggioranza di questi studi (>70%)
ha rivelato effetti biologici dannosi/nocivi per la salute umana (o
potenzialmente tali), mentre poco meno del 30% effetti negativi o
inconcludenti. La percentuale degli studi si ribalta nel momento, in
cui prendiamo gli studi, nei quali risulti chiaro il finanziamento da
parte delle industrie di telecomunicazioni: circa il 30% di effetti
dannosi ( o supposti tali ) per la salute e 70% di risultati con
effetti non dannosi (o inconcludenti). Questi studi hanno evidenziato
senza ombra di dubbio il conflitto di interesse nella scienza
deputata al riconoscimento dei danni da esposizione ai CEM, si veda
[40].
Tale
conflitto di interesse è stato anche più volte valutato da
tribunali di tutto il mondo come fonte di discredito degli studi
finanziati dall’industria, i
quali vengono ritenuti molto meno rigorosi ed attendibili
rispetto a quelli effettuati da organismi indipendenti.
Ma
riprendendo il discorso epistemologico, di cui abbiamo parlato nella
prima parte di questa monografia: indifferentemente da quanto, chi
finanzia gli studi influisca effettivamente sulla capacità di
condurre uno studio scevro da condizionamenti dell’industria,
quello che risalta all’attenzione dello scienziato medio è la
percentuale assolutamente NON NULLA delle situazioni, in cui vengono
riscontrati ed evidenziati dei danni alla salute. Indifferentemente
dal canale di finanziamento e/o dall’entità dell’ esposizione
alle onde il danno biologico conseguente all’esposizione ai CEM non
ionizzanti risulta comunque riconosciuto!
La
considerazione ovvia in questo caso è che l’affermazione secondo
cui NON ESISTONO PROVE CHE LE ONDE ELETTROMAGNETICHE PROVOCHINO DANNI
ALLA SALUTE SI AUTO-FALSIFICA PER DEFINIZIONE anche dagli stessi
studi finanziati dall’industria di TLC stessa!
Ecco
quindi che si evincono centinaia di studi, in cui emergerebbero
sintomi più o meno gravi da esposizione alle radiofrequenze, con
studi, che metterebbero in stretta relazione la vicinanza
dell’esposizione ad una sorgente con l’incidenza di una
qualsivoglia manifestazione patologica correlata.
Ma
quale è il punto di demarcazione da considerare a sostegno di una
tesi e/o a discredito dell’altra?
La
Scienza (quella con la “S” maiuscola) non si fa “UN TANTO AL
CHILO”, con il numero di articoli a sostegno di una tesi, ma con la
plausibilità di un meccanismo di azione e le condizioni al contorno
affinché questo meccanismo entri in azione e si manifesti e/o si
ripresenti rendendo il fenomeno riproducibile. Per essere
genericamente considerato scientificamente valido, uno studio deve
semplicemente essere riproducibile ed avere una rilevanza
statisticamente significativa (mostrare un trend fuori dagli errori
statistici); applicando queste due regole possiamo
epistemologicamente parlare di studio scientifico
verificato/rigoroso.
Nel
caso dell’esposizione alle radiofrequenze si aggiungono altri
criteri, come meglio coniato dall’Iternational Agency for the
Research on Cancer, IARC (per valutare nel dettaglio la
cancerogenicità di un agente) in quello, che è il famigerato metodo
***ACCERTATO*** (vedere figura).
Con
l’ insieme di questi accertamenti metodologici è possibile
verificare una congettura sulla cancerogenicità dell’esposizione
ai CEM e, sopratutto, quantificarne il livello di interazione e
quindi di danno, ricalibrando eventualmente la normativa vigente, in
quanto tale approccio può essere usato per differenti
domini/patologie 8non solo quelle oncologiche).
Riassumendo
risulterebbe necessario avere:
esistenza
di esperimenti positivi su ANIMALI
esistenza
di esperimenti positivi su COLTURE CELLULARI
ogni
esperimento deve essere RIPRODUCIBILE da altri scienziati
(ritrovando risultati analoghi entro gli intervalli di confidenza
strumentali e metodologici)
il
DANNO da ESPOSIZIONE all’agente deve manifestarsi in una
proporzionalità DOSE-RISPOSTA
i
risultati devono essere STATISTICAMENTE RILEVANTI
i
risultati devono condurre a considerazioni EPIDEMIOLOGICHE
verificabili nel medio-lungo termine sull’insorgenza di una o più
PATOLOGIE nell’UOMO
Esistono
chiaramente studi in falsi positivi, ma anche studi in falsi
negativi. Quindi l’unico fattore determinante è la
riproducibilità, che porti ad un aumento statistico del sapere in
merito al singolo meccanismo di azione/esperimento.
La
tecnica mistificatoria diffusa, esportata e riprodotta a partire
dall’industria del tabacco viene ormai usata a comando ed è nota
come “Strategia del Tabacco”, vedere appendice A.
In
sostanza è costituita dalla prassi di inondare di studi spazzatura
le riviste scientifiche e dibattiti pretestuosi l’opinione pubblica
ed i talk show, su qualcosa di già fondamentalmente assodato dalla
comunità scientifica; tale azione produce come inesorabile effetto
l’aumento del tempo medio necessario a raccogliere la statistica
necessaria a fortificare una tesi (per cristallizzarla e
consolidarla). Si tratta invero di una strategia deliberata da parte
dell’industria atta a “diluire il brodo” mettendo in essere
azioni aggressive di marketing, che finiscono per imporre un prodotto
negandone categoricamente la nocività in maniera pretestuosa, prima
ancora di comprendere se quel prodotto risulti (o meno) nocivo (e
sopratutto quanto).
E’
così che dal 2G si è passato al 3G poi al 4G ed infine al 5G, ogni
evoluzione tecnologica viene vista come pretesto per abbandonare le
precedenti tecnologie (poi mai realmente abbandonate) in modo che man
mano che la statistica sugli effetti dannosi si va a consolidare per
una precedente tecnologia, ecco che si passa a quella successiva per
la quale gli addetti ai lavori affermano la mancanza di studi
dedicati sulla presunta pericolosità e da qui il pretesto per
proseguire. La verità è che esistono studi chiaramente conclusivi
sulla nocività dell’esposizione ai campi elettromagnetici non
ionizzanti già dagli anni ‘70 (si veda [1]): si tratta di studi
scientifici fatti nell’ ex-U.R.S.S. e riportati dalla DIA in USA.
Sempre a partire dal 1974 l’ Ufficio statunitense della policy per
le telecomunicazioni ha cominciato a redigere dei report annuali in
un programma per l’individuazione dei danni biologici da
esposizione alla radiazione elettromagnetica non ionizzante, con
esiti positivi. Da allora queste evidenze si sono moltiplicate e
consolidate, ma il retro della medaglia del metodo scientifico non
prende in considerazione il conflitto di interessi e la possibilità,
che uno studio di parte “metodologicamente taroccato” possa
“falsificare” uno studio non di parte insinuando un dubbio,
apparentemente lecito nell’ interlocutore e/o nel pubblico esterno,
che ritiene in buona fede la pratica scientifica per definizione.
Con
questo documento diamo delle risposte chiare e serie affinché
finalmente questo gioco delle parti non si ripeta ANCHE
con il 5G e che anzi, venga preso a pretesto per
ridimensionare in maniera appropriata tutta l’infrastruttura
tecnologica, che finiscono per produrre una
sovra-esposizione ai CEM per la popolazione (non solo
telefonia chiarmanete!).
Fino
al 2 e 3G si è compreso che le onde elettromagnetiche provocano i
seguenti sintomi in percentuali variabili che dipendono da intensità,
frequenza e tempo medio di esposizione (vedere figura), ma non si
tratta solo delle tecnologie utilizzate dalla telefonia mobile, ma di
tutte le fonti di radiazione CEM ad alta frequenza.
Stress-ossidativo
ed aumento dei radicali
liberi
(responsabili della maggior parte delle patologie croniche ed
autoimmuni)
Disturbi
del sonno
Stanchezza
cronica
Mal
di testa cronico
Sensazione
di disagio
Difficoltà
di concentrazione
Perdita
della memoria
Tendenze
depressive
Disturbi
visivi
Disturbi
uditivi
Irritabilità
Problemi
alla
pelle
(psoriasi)
Disturbi
cardiocircolatori
Confusione
Abbassamento
della libido
Come
è lecito aspettarsi dallo studio “Increased
Incidence of Cancer near a Cell-Phone Transmitter Station” di
R.Wolf&D.Wolf del 2004 (vedere
immagine sopra)
l’incidenza, ovvero la percentuale di contrarre (e riscontrare)
determinati sintomi “lievi” (eventualmente
reversibili) risulterebbe
giustamente proporzionale alla vicinanza ad una stazione radio base
in
funzione.Gli
studi in questione sono stati
fatti in paesi
come la Francia,
la
Germania,
la
Spagna,
Israele,
(ecc.)si
vedano anche Santini
et al 2002, Eger et al 2004, Oberfeld et al 2004. Uno
studio sulla
rivista Neurotoxicology del Marzo
2007; 28(2):
434-40 G Abdel Rassoul et al, identifica le seguenti percentuali di
disturbi lamentati da parte, di chi vive vicino ad una cell-tower:
mal di testa nel 23,5%; perdita
di memoria nel 28,2%; confusione nel 18,8%; tremori nel 9,4%; sintomi
depressivi nel 21,7% e disturbi del sonno nel 23,5% rispetto
al campione di controllo di
individui lontani dai ripetitori, che manifestavano suddetti disturbi
in percentuale nettamente inferiore
(10%, 5%, 5%, 0%, 8.8% e 10%).
Purtroppo
sono stati riscontrati anche danni ben più gravi di seguito
schematizzati:
Danni
cellulari
ed
al DNA(
rottura
del
filamento
singolo del DNA, rottura
del filamento doppio del DNA, ossidazione
delle basi del DNA)
Diminuzione
della Fertilità
Maschile e Femminile
Aumento
degli aborti
spontanei
Effetti
ormonali
ed abbassamento
del livello
ormonale
(estrogeni, progesterone e testosterone)
Danni
neurologici
e neuropsichiatrici
Danni
al cristallino
Apopstosi
e morte cellulare
Effetti
Cancerogenici
→ sul
cervello e cervelletto (glioma e glioblastoma)
→ alla
cistifellea
→ alla
prostata
→ alle
ghiandole salivari
→ al
pancreas
→ ai
polmoni
→al
nervo acustico
→ al
sangue (leucemie)
→ alla
pelle (melanoma)
→ al
cuore (schwannoma)
Anche
l’incidenza tumorale a livello statistico/epidemiologico è stata
studiata da anni ed anche in queste circostanze la mistificazione
dell’industria si è fatta sentire; ad esempio nel 1992 a seguito
di un aumento significativo di casi di tumori e leucemie nelle
vicinanze delle Sutra Towers nella baia di S.Francisco il
prof. Selvin studiò tutta la casistica di neoplasie e le correlò
geograficamente con la lontananza dalla stazione radio-emittente, non
trovando una correlazione poiché l’andamento di casi di tumore non
andava degradando con la distanza come ci si attendeva, ma in alcuni
casi aumentavano invece di diminuire.
Ufficialmente
il risultato venne bollato come mancanza empirica di una correlazione
tra esposizione ai CEM
ed insorgenza del
cancro. Nel 1997 si scoprì che le antenne Sutra Towers, invece di
dislocare spazialmente in maniera isotropa (uguale
in tutte le direzioni)
il segnale e quindi
decrescendo proporzionalmente con la distanza,
concentravano in anelli concentrici l’irraggiamento spaziale,
quindi la correlazione venne nuovamente fatta da Hammet & Edison
nel 1997 e si trovò una correlazione al 100% tra la distribuzione
spaziale dei tumori e la distribuzione spaziale del segnale delle
antenne fino a circa 10Km di distanza in linea d’aria. Analoghi
risultati di
correlazione ed incremento tumorale vennero
trovati a Belo Horizonte in Brasile utilizzando SRB di telefonia con
segnale che variava tra 0.4
e 12.4V/m.
Insomma
già prima degli anni 2000 il panorama era chiaro e gli studi
scientifici parlavano senza ombra
di dubbio
sui reali danni,
compresa la
cancerogenicità, derivanti
dall’esposizione
alle radiofrequenze in generale (senza concentrarci su una frequenza
nellospecifico).
L’
Homo Sapiens si è evoluto nel corso dei suoi 3 milioni di anni di
storia adattandosi
naturalmentead
un CEM
naturale ingente:
50μT
CAMPO MAGNETICO e 130V/m CAMPO ELETTRICO
La
differenza fondamentale è che questo CEM naturale
presenta una caratteristica fondamentale, ovvero
quella di essere all’incirca
continuo ovvero quasi-costante
ovvero
stazionario (non
pulsato/variabile).
In
particolare la
componente naturale pulsata (non continua) con la quale l’uomo,
assieme agli esseri viventi su
questo pianeta,
si è evoluto si attesta intorno ai ~0.0002V/m ovvero
2*10-4
V/m.
Per
comprendere euristicamente il motivo, per cui la componente pulsata
artificiale introdotta con le TLC risulti tanto biologicamente
rilevante rispetto alla componente naturale comunque ingente non
pulsata ci vengono incontro le equazioni
di James Clerk Maxwell:
Da
queste equazioni emerge chiaramente come la variabilità di un
segnale risulti importante:
un
corpo IMMERSO
in un CAMPO MAGNETICO VARIABILE produce
un
CAMPO
ELETTRICO e
quindi una
CORRENTE ELETTRICA INDOTTA
e
un
corpo
IMMERSO in
un
CAMPO ELETTRICO VARIABILE produce
un
CAMPO
MAGNETICO INDOTTO DI SEGNO OPPOSTO
Quello
che è emerso nel corso degli anni da parte della comunità
scientifica è che i danni da CEM si materializzano a causa di
quattro differenti livelli di interazione con la materia, secondo i
quali bisogna valutare quattro fattori specifici:
1)
Frequenza (energia trasportata)
2)
Potenza (intensità del segnale)
3)
Modulazione (variabilità del segnale)
4)
Tempo di esposizione (ore, giorni, mesi e/o anni)
A
seconda della situazione un fattore può diventare dominante come
principale causa di danno.
Quello
che però nessuno si sarebbe aspettato è che l’industria della
telefonia sarebbe ad un certo punto intervenuta a gamba tesa: secoli
di evoluzione scientifica nel campo della Fisica sono stati azzerati
nel giro di pochi anni da sedicenti scienziati che, tornando alla
Fisica Classica deterministica dell’800 hanno cominciato ad
affermare in ogni dove il loro ipse dixit dogmatico sul fatto, che
l’unico
livello di interazione fisica “riconosciuta” (da loro), che
produce la cancerogenicità riguarda le onde ionizzanti, ovvero
quelle onde (oltre gli UV), che posseggono una frequenza tale da
trasportare una energia sufficiente a ionizzare gli atomi, ovvero a
strappare dalle loro orbite gli elettroni. Del
resto si sa bene che per una onda E=hν=h/λ,
quindi superate le frequenze dell’ultravioletto un fascio CEM ha
energia abbastanza elevata (E>13.6eV per idrogeno minore
per altri atomi)
da ionizzare al 100% gli atomi.
La
tesi sostenuta è che al
di sotto dell’energia di ionizzazione non
sia possibile ionizzare gli atomi, rompere i
legami molecolari (e di conseguenza aminoacidi,
basi nucleiche, proteine,
DNA,
RNA ecc…), quindi l’ unico meccanismo di interazione con la
materia per frequenze non ionizzanti risulterebbe
il
riscaldamento della materia; tali meccanismi
vengono riassunti nei cosi detti Effetti
Termici,
dovuti
al riscaldamento provocato dall’assorbimento ed alla conseguente
dissipazione dell’energia in questione sui tessuti e corpi immersi
nei CEM.
Poco
conta se la Fisica dal 1800
è evoluta scoprendo che gli atomi vengono ionizzati anche ad energie
inferiori perché in Fisica
Quantistica non esiste una relazione uno ad uno tra onda e particella
(fotone), che interagisce con gli atomi, ma esistono i
famigerati “quanti di energia”, che raccolgono assieme gruppi di
fotoni. Nella meccanica quantistica esiste una probabilità NON NULLA
che un fotone avente energia
inferiore alla barriera di ionizzazione effettivamente superi questa
barriera ionizzando l’atomo incidente, fenomeno chiamato Effetto
Tunnel.
Senza
complicare troppo la narrazione ci rifacciamo alla figura per
spiegare l’effetto tunnel quantistico.
Essendo
la probabilità di attraversamento della barriera non nulla è chiaro
che la probabilità di provocare ionizzazione anche ad energie
inferiori al limite di ionizzazione risulterà maggiore di zero ed
aumenterà con la statistica degli eventi (questo è un fatto!).
Detto
altrimenti, quello che rappresenta un danno certo agli atomi, al DNA,
alle cellule ecc. per radiazioni ionizzanti (probabilità, P= 100%),
diventa un danno probabile (P>0) per le radiazioni non ionizzanti,
nel senso che viene governato dalla probabilità, ovvero dalla
meccanica statistica e cioè assume connotati epidemiologici, che si
manifestano non nell’immediato ma nel medio-lungo termine.
Ammettendo
la plausibilità del meccanismo di azione di corollario si
riabilitano i rimanenti due effetti di interazione: la modulazione
del segnale (ovvero il modo, in cui il segnale viene trasmesso) e la
lunghezza temporale (periodo medio) dell’esposizione ai CEM. Questa
casistica di interazioni con la materia a medio-lungo termine vengono
definiti Effetti Non Termici.
Circa
la cancerogenicità dell’ esposizione ai CEM non ionizzanti sono da
evidenziare attentamente i due studi paralleli condotti sui ratti di
laboratorio dell’Istituto Ramazzini di Bologna e del
National Toxicology Program, NTP americano, che evidenziano
parallelamente ed indipendentemente tra loro, un aumento
significativo di alcuni tipi di tumori, uno nell’esposizione ad un
campo vicino (NTP) simulando il campo generato da un dispositivo
cellulare e l’ altro derivante dall’ esposizione ad un campo
lontano (Ramazzini) simulando il campo generato da una antenna SRB
nel cui segnale gli utilizzatori sarebbero esposti. Si tratta di
evidenza caso-controllo su tipologie tumorali particolarmente rare,
che rendono l’analisi molto risolutiva in termini di correlazione
con l’ agente patogeno. Se non fossero stati così rari si sarebbe
potuto pensare ad altri meccanismi di azione, visto che il campione
sottoposto ha subito un incremento significativo (entro gli errori,
comunque NON una fluttuazione statistica) di questi tumori rari,
l’analisi statistica risulta quindi sufficiente a determinare che
l’ esposizione ai CEM provoca tumori, sulla percentuale di
incremento si può discutere, ma sulla cancerogenicità no per
definizione.
Nonostante
le forti evidenze epidemiologiche, nel
2011 la
IARC non ha scelto per
le radiofrequenze una
classificazione di
cancerogeno “possibile” (classe 2B) evitando
una classificazione più
stringente poiché
gli studi sugli animali erano carenti. Nel 2018, come
mostrato prima, i due
autorevoli istituti, NTP
e Ramazzini,
hanno pubblicato i
loro
studi su ratti e topi esposti a radiofrequenza, riscontrando
l’aumento degli stessi tipi di tumore e rafforzando così le prove
del rischio cancerogeno. A
questi vanno aggiunti due
studi europei del 2014, che
concludono che la radiofrequenza dovrebbe essere classificata come
“cancerogeno certo per l’Uomo” in Classe 1 e che gli
effetti dell’esposizione a radiofrequenza risultano
inesorabilmente
***cumulativi***, si
vedano [37] e [38].
Siamo
quindi in attesa di una
riclassificazione dei CEM non ionizzanti in
cancerogeno “probabile” (classe 2A) oppure in
cancerogeno “certo” (classe 1) entro la fine del 2020 (pandemia
permettendo!).
Riguardo
i danni provocati al DNA da esposizione non ionizzante si basti
citare gli studi recenti effettuati come meta-analisi dei topi
esposti all’esperimento del NTP americano e del istituto Ramazzini
di Bologna, che hanno evidenziato un aumento significativo dei danni
al DNA con l’aumentare dell’esposizione, si vedano Smith-Roe,
Wide et al 2019, cosa del resto già conosciuta dal 2006 con lo
studio del MIT, pubblicato il 30 ottobre 2009 sul MIT Technology
Review, in cui si dimostra inequivocabilmente come l’incremento
della probabilità di rompere i legami del DNA aumentando la
frequenza del segnale fino ai TeraHertz anche a bassissime potenze
del segnale (ordine del milliWatt).
E’
così che esistono studi che hanno evidenziato come, contrariamente a
quello che viene affermato dagli ingegneri e dalle case delle TLC, a
parità di potenza di esposizione le precedenti tecnologie risultino
meno dannose (sebbene utilizzino segnali più potenti), di quelle più
recenti (e con segnali meno potenti): si tratterebbe quindi di un
Effetto di Modulazione
del segnale facilmente verificabile da studi come i due nelle foto,
Morgan, Miller, Davis et al 2011 e Carlberg & Hardell et al,
2015.
Quindi
riassumendo a parità di esposizione, ovvero di potenza del segnale
il 3G risulterebbe più dannoso (produce maggior rischio/incidenza
tumorale) del 2G; mentre il 4G sarà necessariamente più dannoso del
3G ed il 5G lo sarà del 4G e così via!
Una
bella batosta per chi propina la falsa aspettativa, che le nuove
tecnologie risulterebbero meno impattanti sia a livello di
esposizione sulla popolazione sia a livello di danno ambientale
(essendo più piccole, a minor potenza e quindi di minor portata). A
tal fine Hardell e Carlberg hanno evidenziato un
rischio quintuplicato di contrarre un glioma in età adulta quando
l’utilizzo del telefono cellulare inizia prima dei 20 anni. (si
veda Hardell L. e Carlberg M. (2011)
Pooled analysis of two control studies of malignant brain tumors and
the use of mobile and cordless phones including living and deceases
subjects International Journal
Oncology, 38(5): 1465-74.)
L’unica
alternativa per applicare il sistema tabacco diventa quella di negare
in toto la cancerogenicità ed i danni prodotti al DNA dei soggetti
esposti a radiazioni non ionizzanti.
Nel
far questo si è puntato molto su un grande studio epidemiologico
(che avrebbe decretato la parola fine!) sul quale le industrie delle
TLC però avevano investito una grossa fetta di finanziamenti (circa
60%) e quindi, marginalmente, possedevano il controllo sul risultato
da evidenziare. Ecco quindi che nell’INTERPHONE PROJECT studi fatti
tra il 2000 ed il 2004 in tutto il mondo e pubblicato solo nel 2015
con 11 anni di ritardo) ha portato ad un nulla di fatto. Poi gli
stessi risultati sono stati rianalizzati da team di ricercatori
indipendenti e sono stati trovati svariati errori metodologici e
fattori di confondimento, che avevano inquinato e depistato il
risultato finale (non uno ma 18 errori statisticamente e
metodologicamente rilevanti!).
Chiaramente
qui la strategia è quella di affermare che lo studio Interphone non
ha prodotto risultati significativi e per confermare questa posizione
ci si avvale dello studio (PD Inskip del Neuro Oncol nel 2010)
sull’aumento dell’utilizzo degli utilizzatori di cellulari, che
non coincide (in America) con un aumento del numero di tumori, cosa
del resto smentita in Francia (tumori al cervello aumentati di un
fattore 4 in 20 anni a tutte le età) ed in Inghilterra (tumori al
cervello aumentati di un fattore 2 dagli anni ‘70 fino al 2015): l’
eccezione (posto che lo studio non sia da falsificare come
l’Interphone), che confermerebbe la regola consolidata.
Come
è facile osservare dal grafico per l’ incidenza del glioblastoma
in UK la correlazione con l’utilizzo (aumento degli utilizzatori di
cellulare in UK) proporzionale alla percentuale di penetrazione di
queste tecnologie nel regno unito è disarmante. Un chiaro esempio di
come le conclusioni dello studio americano siano da considerarsi
falsificate in toto.
Ovviamente
per ridurre gli errori sistematici dovuti alle esposizioni pregresse
in uno studio epidemiologico le analisi più significative
sull’incidenza tumorale dovrebbero essere fatti in fasce
pediatriche. A tal proposito siamo in attesa della prima uscita dello
studio mobi-kids effettuato dal 2010 al 2015
analizzando i tumori cerebrali dei giovani da 10 a 24 anni in
relazione all’uso dei cellulari.
Mobi-kids
segue i risultati di un precedente studio denominato Cefalo, che
evidenziava un aumento di tumori nei bambini ed adolescenti, ma che
venne ritenuto statisticamente non rilevante per via della scarsa
statistica quindi nonostante l’IARC ufficialmente abbia stimato nel
2018 lo 0.54% e 0.96% di incremento tumorale annuo per bambini ed
adolescenti (vedere Stelianova & Foucher et al, 2018). Lo studio
Mobi-kids è stato quindi fatto per dirimere la questione sul reale
incremento tumorale nelle fasce pediatriche: sono stati analizzati
898 casi su 1912 casi di controllo. Lo studio è terminato nel 2015
ed i dati sono stati inviati alla Commissione Europea nel 2017, dalla
quale, dopo 3 anni circa l’unica notizia trapelata a riguardo
risulterebbe il seguente trafiletto in un comunicato stampa:
”A
causa dell’uso diffuso di dispositivi di comunicazione quali i
telefoni cellulari, i risultati dello studio, che riguardano
potenziali effetti negativi per la salute, potrebbero ricevere un
grande livello di attenzione da parte dell’opinione pubblica e
potrebbero avere implicazioni a livello sociale”
Il
che non lascia presagire nulla di buono sul risultato dell’indagine
epidemiologica pediatrica e chiaramente neanche per le casse delle
società di TLC quando questi dati verranno resi pubblici.
Del
resto nei business-plan di ogni società di TLC è presente una voce
nella sezione Risk Management, che riguarda proprio la
possibilità (seppur ritenuta da loro remota) di una
riclassificazione delle radiazioni CEM come
***cancerogene certe***.
Tralasciando
gli effetti cancerogenici, che fanno molta più paura, ma che per
definizione rappresentano solo la punta dell’iceberg di tutte le
patologie causate da una esposizione non controllata ai CEM, esistono
altri effetti gravi non trascurabili, che incidono negativamente
sulla qualità della vita e sulle future generazioni.
E’
stato scoperto che l’esposizione
in gravidanza
aumenta significativamente il
battito cardiaco del feto e quello prenatale con
possibilità ed aumento del rischio di aborti prematuri e/o
spontanei.
L’
uso di cellulari diminuisce
la qualità dello sperma
nell’uomo (mobilità, numero e morfologia) e questa diminuzione
risulta direttamente proporzionale al tempo medio di esposizione.
Nei
ratti
si
assiste ad una progressiva diminuzione di nuove nascite dei ratti
esposti rispetto a quelli non esposti, e
se l’esposizione risulta prolungata
questa
porta ad una infertilità
irreversibile.
La
possibilità di rendere sterili i
giovani ragazzi e ragazze posizionando il cellulare nelle tasche (o
nel reggiseno)
vicino alle mucose genitali sono già state oggetto di campagne di
sensibilizzazione negli UK in scuole centri commerciali ecc… per
far comprendere l’impatto devastante, che queste tecnologie hanno
sulla sterilità futura di persone ancora strutturalmente “in
formazione”. Per
il corretto uso dei cellulari si rimanda alla figura.
Il
15 Gennaio 2018, una sentenza del TAR
del Lazio ha
condannato i ministeri di salute, sviluppo economico, ambiente e
pubblica istruzione ad attuare entro 6 mesi una campagna informativa
sul corretto utilizzo degli apparecchi di telefonia mobile, a seguito
di riscontrati “effetti nocivi sulla salute umana”. Tale
campagna è da considerarsi assolutamente inadeguata, poiché
l’unico pericolo evidenziato da tale informativa è risultato
essere quello del rischio incidenti in auto se si usano i telefonini
mentre si guida!
Altro
effetto altamente dannoso per la nostra società riguarda gli studi
condotti da Taheri et al del 2017 e confermati da M.M. Movahedi et al
nel 2019 secondo cui delle colture batteriche (“Listeria
Monocytogena” e la “Escherichia Coli”)
sottoposte a radiazione di cellulare (GSM @ 900MHz) e WiFi (@ 2,4GHz)
diventerebbero
resistenti a differenti tipi di antibiotici; quindi,
considerando
che a causa dell’antibiotico-resistenza,
nel 2017 si
sono contate circa 24mila
morti in
Europaconclamate
per questa causa, stando
l’incremento dell’esposizione media della popolazione (e quindi
dei batteri) si prevede che entro il 2050 ci potrebbero essere
qualcosa
come 10milioni
di morti imputabili all’antibiotico-resistenza solo
in Europa,
modulando il fatto che la mortalità di qualsiasi cosa è determinata
anche dall’efficacia (in questo caso inefficacia) delle cure
mediche.
Qui
uno stralcio in italiano dell’intervista al prof. Olle Johansson,
ex capo dell’Unità Sperimentale di Dermatologia, Dipartimento di
Neuroscienze, Karolinska Institute, Stoccolma, Svezia, ed ex
professore a contratto del Royal Institute of Technology, anche
Stoccolma:
“Oltre
ai rischi di cancro al cervello e al cuore, i segnali del telefono
cellulare e WiFi possono anche influenzare la barriera
emato-encefalica e aprire le molecole tossiche nel cervello, ferire e
uccidere i neuroni dell’ippocampo (uno dei centri cerebrali per la
memoria), o creare problemi alle proteine essenziali per il
cervello impegnate nel suo metabolismo, in risposta allo stress. Gli
spermatozoi analizzati mostrano più difetti alla testa, e in forte
diminuzione come quantità, motilità e vitalità. Sono stati
osservati oltre che gravi ripercussioni sulla fertilità anche danni
al DNA. I segnali wireless possono aumentare lo stress ossidativo
nelle cellule e portare ad un aumento delle citochine
proinfiammatorie e una minore capacità di riparare le rotture del
DNA e del filamento singolo del DNA identificando
una chiara
genotossicità.
Sono stati anche evidenziati deficit cognitivi nell’apprendimento e
nella memoria.”
Ci
preme quindi sottolineare che non va eseguita una operazione di
allarmismo nei riguardi delle nuove tecnologie,
che non vanno criminalizzate, ma studiate nello specifico della
tipologia di onde, che utilizzano come portanti, dell’intensità
(specifica) e delle modalità di propagazione del segnale.
Ecco
quindi che il WiFi in teoria non presenterebbe minori rischi rispetto
alla comunicazione dati proveniente dal proprio dispositivo
cellulare, in quanto vengono utilizzate antenne con potenza inferiore
rispetto a quelle del cellulare o del ricevitore SRB, però anche sul
WiFi emergono criticità non indifferenti e, per far si che l’impatto
di questi dispositivi sia compatibile con la vita umana, gli stessi
debbono essere posizionati in luoghi idonei tali, che non si avvicini
nessuna persona nel raggio di alcuni metri.
Il
massimo dell’irradiamento di questi dispositivi avviene infatti in
“downlink” e quindi una stretta vicinanza ai router durante il
trasferimento dati può facilmente far superare i livelli di
attenzione identificati dalla normativa. Si veda a tal proposito la
figura con un misuratore posto in stretta vicinanza ad un PC con
hot-spot WiFi spento (0,16V/m) e lo stesso con hot-spot WiFi acceso
(21,71V/m).
Chiaramente
il discorso si estende facilmente dai 2,4GHz ai 5,8GHz ed eventuali
frequenze intermedie (vedasi i 3,7GHz del 5G); inoltre i dispositivi
mobili (cellulari, palmari, tablet, notebook ecc…), anche qualora
non lavorassero in modalità hot-spot (nella quale emettono al
massimo del segnale), rappresentano essi stessi una fonte di
irraggiamento poiché dialogando direttamente con i router/antenne
WiFi, sono da considerarsi essi stessi antenne emittenti.
In
questo senso la migliore alternativa per un utilizzo prolungato è il
cavo ethernet.
Lo
stesso discorso va applicato alla tecnologia, 5G che non va
demonizzata in quanto tale, ma va esaminata in termini di frequenze
utilizzate, modalità e tecniche di propagazione.
In
particolare il 5G, almeno in Italia, utilizza/utilizzerà per i primi
anni tre bande di frequenza messe all’asta dal governo e
rispettivamente: 0.7GHz, 3,7GHz e 26GHz.
La
prima banda di frequenza a 700MHz (=0.7GHz)
è già conosciuta poiché utilizzata largamente dal digitale
terrestre (Digital Video Broadcasting, DVB), che in termini di
elettrosmog rappresenta una delle fonti più impattanti (e
preoccupanti per la salute pubblica) per tutte le questioni dette
finora, compresa la necessità di dispiegare il sgnale con poche
infrastrutture per servire grandi aree e grandi città.
La
caratteristica principale di queste frequenze è la grande portata e
la penetrabilità all’interno delle abitazioni. Infatti la vera
preoccupazione in merito a queste frequenze è che risultano
particolarmente insensibili agli ostacoli terrestri, quindi se per la
telefonia si cominceranno ad utilizzare queste frequenze
particolarmente penetranti, la sovraesposizione, che fino ad oggi con
il digitale terrestre avevamo evitato salvo rari casi (trattandosi di
grandi ripetitori a distanza, tanto che per prendere il segnale
televisivo era necessario posizionare una antenna sul tetto), domani
(più precisamente da agosto 2021) con le antenna a 700MHz installate
sui tralicci di telefonia ed a due passi dalle abitazioni (per
servire l’ internet delle cose, passando attraverso i muri, fin
dentro le nostre abitazioni) il rischio che si prospetta è che
proprio questa banda verrà enormemente assorbita e quindi percepita
molto più invasivamente dalla popolazione rispetto al passato.
Questo di conseguenza potrebbe provocare un aumento sensibile delle
patologie correlate all’esposizione, come da argomenti esposti in
questa relazione.
Riguardo
la seconda banda 3,7 GHz è quella che desta meno
preoccupazioni poiché penetrerà poco nelle abitazioni ed
esternamente funzionerà grossomodo come l’ attuale combinazione di
WiFi a 2.4 e 5.8GHz, poco assorbita dagli edifici e, comunque
destinata a fornire il segnale outdoor.
Riguardo
la terza banda del 5G ovvero quella intorno ai 26GHz (poi ne
arriveranno altre ed in altri paesi sono in sperimentazione anche le
frequenze del 6G), le criticità sono più elevate per una serie di
questioni inerenti le modalità di propagazione e la necessità di
trasmettere molti dati a bassa latenza.
Da
premettere che la lunghezza d’onda a 30GHz è centimetrica
(millimetrica a 300GHz) e più si sale con la frequenza e maggiore
energia possiederà il fascio incidente e quindi maggiore sarà
l’interazione con la materia organica e non, secondo le motivazioni
di fisica esposte inizialmente.
Chiaramente
l’ uso della terza banda dei 26GHz sarà molto
limitato (edifici pubblici, smart-roads, piste ciclabili, lampioncini
a led ecc) poiché gli ostacoli tenderanno a far cadere il segnale,
come avviene per i ponti radio (le famose paraboline sui tralicci).
In realtà maggiore è la frequenza dei CEM e minore sarà la
penetrazione sugli oggetti e superfici, quindi si presuppone che i
26GHz dovrebbero rimanere molto superficiali sulla pelle delle
persone esposte, purtroppo questa caratteristica non esula da
problemi di risonanza che possono intercorrere con gli elementi
costituenti di un corpo umano (e non).
A
tal proposito all’Università Ebraica (Q.H.Abbasi, H.El Sallabi
2016; I.Hayut, P.B.Ishai 2014, G.Shafirstein, E.G.Moros 2018) sono
stati fatti alcuni studi, che hanno evidenziato come le alte
frequenze del 5G entrerebbe in risonanza con i condotti sudoripari
della pelle umana trasformando i condotti stessi in antennine
elicoidali, che reirradiano il segnale permettendo di mantenere la
connessione al ripetitore senza interromperla. Nelle immagini sono
visibili le Tomografie Assiali Computerizzate, TAC ed una Tomografica
Ottica Coerente, OCT, che mostra la risonanza dei condotti sudoripari
quando sottoposti alle frequenze del 5G..
Non
esistono migliaia di studi dedicati al 5G, ma ve ne sono già
parecchi, che identificano diverse problematiche biologiche derivanti
dalle frequenze proprie del 5G: M.Simko, M.O.Mattson 2019 raccoglie
in una review circa 94 studi in vivo o in vitro effettuati
sull’interazione biologica con i CEM per onde che vanno dai 6 ai
100GHz e di questi 94 studi circa l’ 80% mostra effettive risposte
biologiche non indifferenti all’esposizione.
Nello
studio SciRep 2019 9 9343, 27 June doi: 10.1038/s41598-019-45662-6 si
evidenzia come a 60GHz(frequenze
comunque non previste per ora in Italia) le
onde millimetriche penetrino
nella cute fino a 10mm
ed
oltre ad entrare in risonanza con i
dotti sudoripari
possono generare effetti nocivi sulle cellule cutane, insinuarsi
sulle
terminazioni nervose ed
impattare sul
micro-circolo.
Oltre
all’aumento della temperatura della cute, si segnalano inoltre
effetti locali e sistemici da rilascio di mediatori, esposizione
di fibroblasti
umani adulti e fetali, alterazione dell’espressione genica,
alterazione delle proprietà delle membrane citoplasmatiche, modifica
della sintesi delle proteine coinvolte in processi
infiammatori/immunologici e delle funzionalità dei sistemi
neuro-muscolari. Infine si evidenzia la stimolazione della
proliferazione cellulare con la possibilità di aneuploidia ed
effetti cromosomici predisponenti al cancro sulla cute.
Oltre
a questioni meramente mediche, vi sono comunque differenti questioni
tecniche sul 5G da prendere in considerazione: le alte frequenze
del 5G (sopra i 20GHz) lasciano aperti maggiori interrogativi sulla
salute umana (e quindi sono da considerarsi maggiormente impattanti)
rispetto alle precedenti tecnologie, che lavorano e funzionano usando
il paradigma della cella di irraggiamento per via delle modalità di
propagazione del segnale.
Con
il 5G si utilizzerà il phased array (tecnologia ad
array sfasato, propria dei radar) che permette di indirizzare il
segnale proveniente da una matrice di antenne bidimensionale (matrice
NxN) che, sfasando il segnale, permetterà il direzionamento di un
fascio concentrato nella direzione di aggancio di un dispositivo
Internet delle Cose, IoT. I fasci, detti BEAM (da qui il nome della
tecnologia “beam-forming) formatisi da questo meccanismo di
interferenza costruttiva sfasata, saranno molto più stretti degli
usuali settori isotropi, propri del 2/3/4G, i quali abbracciano un
certo angolo solido e decrescono regolarmente in intensità con la
distanza. Nel caso del beam-forming quindi il fascio risulterà molto
concentrato poiché avrà la potenza di tutti i segmenti di antenna
che contribuiscono, sfasando il segnale a formare il beam
direzionale, mentre fuori da questo beam vi sarà interferenza
distruttiva, che in media renderà il segnale più basso ed in alcuni
casi vicino allo zero (sebbene mai nullo).
Ciò
che avviene usualmente con un ripetitore classico di cellulare, che
non permette di appellarsi al famigerato effetto ombrello,
avverrà a maggior ragione con un emettitore 5G; chiaramente chi
afferma che il posto migliore dove installare una antenna è sul
proprio tetto non tiene in considerazione i fasci/lobi secondari che
sono molto intensi proprio nelle vicinanze del ripetitore, quindi
installare una antenna 2-3-4G sul tetto significa essere mediamente
più esposti del vicinato, oltre a produrre uno svalutazione
economica dell’immobile, che si aggira tra il 30% ed il 40% del
valore senza ripetitore.
Anche
per il 5G non esisteranno solo lobi principali, ma anche i lobi
secondari, quindi affermare che il fascio sarà diretto solo verso
l’utilizzatore non è propriamente corretto.
La
caratteristica più dirompente di questa tecnologia è che per
garantire la connessione e la banda nominale questi fasci saranno
trasmessi ad altissima potenza efficace (ovvero energia per
unità di tempo per unità di superficie), questo perché tutta la
potenza viene concentrata in una piccola sezione quindi
l’utilizzatore e le persone nelle immediate vicinanze si troveranno
investiti sempre da un fascio altamente concentrato ovunque si
sposteranno.
Per
funzionare efficacemente e coprire vaste aree sarà necessario
aumentare sensibilmente il numero di stazioni radio base e di antenne
in generale. Questa densificazione di antenne viene spesso millantata
come la motivazione principe per la quale le ultime generazioni di
telefonia risulterebbero meno impattanti sulla salute e
sull’ecosistema in quanto un maggior numero di antenne
presupporrebbe minori potenze di esercizio e quindi minore
esposizione. In realtà le leggi della Fisica parlano chiaro e se da
un lato ad alte frequenze la portata di questi apparati risulta
nettamente inferiore (cosa che costringe a creare una rete più fitta
di antenne per coprire la stessa area), dall’altra è pur vero che
gli utenti con i loro smartphone ed IoT si troveranno in media molto
ma molto più vicino alle antenne e, come sappiamo, il campo
elettrico scala con il quadrato della distanza, ma se ci si avvicina
viceversa aumenta con il quadrato della “vicinanza”. Visto che
la potenza di esercizio non scalerà con il quadrato della vicinanza
è chiaro che vi sarà un netto aumento dell’esposizione media
della popolazione a causa di questa fisiologica densificazione di
antenne, sopratutto nei centri abitati. Contributi che saranno
comunque in aggiunta alle precedenti tecnologie e frequenze, in
quanto anche dismettendo alcune tecnologie più obsolete, come il 3G
(se e quando ciò avverrà), non impedirà agli operatori di usare le
stesse frequenze liberate dal 3G in forza alle bande del 4 e 5G (non
vi sarà un abbassamento del livello di esposizione derivante da
dismissione di tecnologie obsolete).
Inoltre
la tecnologia Massive MIMO permetterà di saltare da un fascio ad un
altro senza perdita di segnale agganciandosi al ripetitore più
vicino e/o disponibile in termini di carico di lavoro. Poiché questo
fascio si sommerà ad un background elettromagnetico preesistente
formato da ripetitori 2-3-4G oltre che al fondo elettromagnetico
(Radio, Tv ecc…), la situazione di esposizione globale ai CEM
risulterà particolarmente peggiorata rispetto alle precedenti
tecnologie.
Non
si tratta infatti di una sostituzione ma di una aggiunta
particolarmente energy-demanding. E’ stato quantificato e
verificato infatti che l’ utilizzo del wireless al posto del
cablato in media comporta un dispendio energetico 10 volte maggiore,
il che pone quesiti non indifferenti in termini di sostenibilità
ambientale, sopratutto li dove questa tecnologia dovrebbe diventare
ubiquitaria per funzionare a dovere. Da dove verrà presa questa
surpluss di energia necessaria al funzionamento dell’infrastruttura
5/6G?
A
tal proposito le metodologie standard di misurazione per la verifica
della rispondenza ai valori di legge in caso di irraggiamento
beam-forming, come dichiarato dalle varie agenzie regionali per l’
ambiente, non possono essere direttamente applicate poiché si
finirebbe per superare i limiti di legge vigenti portando di fatto la
tecnologia nell’impossibilità di operare legalmente in Italia.
Stante queste constatazioni le industrie di telecomunicazioni
chiedono a gran voce che il governo:
1)
alzi i limiti di legge uniformandoli ai valori europei di 61V/m
(modifica reale dei valori di legge),
2)
permetta di applicare un fattore percentuale di attenuazione, che
identifichi la ***probabilità***, che un residente/passante venga
investito dal fascio concentrato (variazione artificiale dei limiti
di legge)
3)
modifica delle modalità di misurazione per modellare il campo di
esposizione producendo un calcolo teorico e/o cambiando l’ unità
di misura del CEM da V/m a S.A.R. in Watt/kg di peso corporeo
(trattasi di una totale abolizione dei limiti di sicurezza poiché
gli attuali valori di SAR per i cellulari ad esempio permettono un
campo 30-40 volte superiore ai limiti vigenti).
In
ognuno di questi casi emerge la necessità da parte degli operatori
di modificare le regole in gioco per permettere il proliferare di
antenne in ambiente urbano, si veda lo studio I.Nasim &S.Kim 2017
dove si evidenzia che i fasci concentrati del 5G potrebbero andare ad
irradiare in downlink gli utilizzatori e le persone nelle immediate
vicinanze con segnali compresi tra i 30V/m ed i 100V/m!
Ulteriore
criticità inerente la tecnologia 5G rappresenta la sinergia con le
reti di internet satellitare, che prevede nel medio lungo termine
(comunque entro il 2025) di circondare l’orbita bassa terrestre di
satelliti LEO (Low Earth Orbit) ovvero di satelliti, che orbitano
velocemente sotto i 2000Km di quota (N.B. più sono vicini e minore
sarà la latenza di segnale ). Vi sono già molti di questi progetti,
che prevedono nei prossimi anni di spedire in orbita dai 50mila
satelliti (stima più ottimista) ai 100mila satelliti (stima più
veritiera) in LEO riuscendo a fornire all’intera popolazione
mondiale (anche ai poli) la connessione internet senza bisogno di
cablatura terrestre in fibra ottica. In questo contesto per coprire
la superficie terrestre ogni satellite avrà bisogno a terra di
alcune centinaia/migliaia di stazioni radio base, che si
connetteranno e reirradieranno in 5G il segnale nell’ultimo miglio
terrestre.2
Solo
negli USA la Federal Communication Commission, FCC americana ha prima
autorizzato 42mila satelliti STARLINK della compagnia SpaceX; poi per
reirradiare il segnale satellitare a terra ha ulteriormente
autorizzato un enorme quantitativo (circa 1 milione) di nuove
stazioni radio base nel solo territorio statunitense. A parte le
considerazioni geo-politiche di contrapposizione tra la rete
satellitare americana 5G e le reti terrestri Huawei Cinesi, il punto
saliente riguarda anche questioni di sicurezza nazionale, poiché chi
detiene la rete infrastrutturale Internet di fatto possiede accesso a
tutti i dati, che vi transitano (non solo commerciali) e quindi in
una prospettiva in cui SpaceX verrà utilizzata dalle forze armate
americane (fatto già ampiamente confermato dai media), è
prevedibile che ogni stato/potenza mondiale vorrà farsi la sua
costellazione di satelliti / rete internet satellitare per non dover
dipendere da nazioni estere. Quindi Cina, India, Canada, Russia, UK
svilupperanno le loro reti satellitari e ben presto il cielo buio
notturno sarà solo un ricordo ancestrale.
Chiaramente
100mila satelliti con 10milioni di nuove stazioni radio base a terra
significherà una copertura ubiquitaria e quindi una esposizione per
la popolazione alle radiofrequenze di altissima frequenza/energia
altrettanto ubiquitaria. Il problema di questo panorama neanche
troppo futuristica scaturisce dal fatto, che con una esposizione
ubiquitaria sarà impossibile effettuare i famigerati studi
epidemiologici, poiché di fatto mancherà in toto la possibilità di
affidarsi a campioni di controllo non esposti alle radiofrequenze.
Qualsivoglia
danno per la salute in questo modo diventerà un background
patologico di fondo che si sommerà ad altri fattori e questo
potrebbe portare, come molti scienziati allarmisticamente (bisogna
essere franchi) temono, ad un depopolamento progressivo dell’umanità,
che già oggi conta di “troppi” individui. Queste tesi, sebbene
bizzarre, affondano le loro previsioni su dati parziali e non troppo
verificabili, per ricollegarci al concetto basilare di congettura
scientifica, vanno semplicemente intesi e considerati come il peggior
scenario possibile. Eventualità sicuramente da scartare, ma comunque
possibile (non impossibile).
Anche
con queste proiezioni catastrofiste le istituzioni mondiali (europee
e nazionali) dovrebbero confrontarsi ed eventualmente agire anche
solo in virtù di una plausibilità del meccanismo di
azione/possibilità di rischio.
Le
preoccupazioni più allarmanti inerenti la salute pubblica vengono
però dalle dichiarazioni di Ajit Paj ex-presidente
della FCC (oggi spoke-person), che parlando del sistema
satelliti + 5/6G da terra ha candidamente affermato che la
popolazione mondiale dovrà dimenticarsi il rispetto degli standard
di sicurezza poiché quando e dove verrà implementata
questa infrastruttura sarà impossibile rispettarli.
Il
problema è che stiamo parlando di standard che fissano a 61V/m (>10
volte superiore ai nostri limiti precauzionali di 6V/m ed in termini
di densità di potenza 103 volte superiore) il campo di sicurezza
oltre il quale insorgerebbe un danno biologico. A 61V/m
corrisponderebbe una densità di potenza elettromagnetica che
corrisponde a 10Watt/m2. Ora immaginando che vi sia uno
sforamento del 30% di questo valore, si potrebbe pensare di
raggiungere i 13Watt/m2 di irraggiamento ubiquitario. Per
chi è familiare con la Fisica il valore di 13Watt/m2
corrisponde all’1% della Costante Solare (1,3KWatt/m2),
che rappresenta la quantità di energia, che il Sole
riversa ogni secondo su un metro quadrato della nostra
atmosfera.
Di
questa circa il 50% viene riflessa il restante rimane entro
l’atmosfera terrestre ed alimenta i cicli di acqua, ghiaccio,
minerali ecc. Solo l’1% della costante solare cioè 13Watt/m2,
viene effettivamente assorbita dalla Biosfera per alimentare il mondo
vegetale ed animale. Quindi con l’avvento del 5G in combinazione
con l’internet satellitare sarà prevedibile un raddoppio netto
della quantità di energia, che viene ogni giorno immessa dal Sole
nella biosfera e, chiaramente questo demand energetico dovrà essere
soddisfatto da fonti fossili oppure dal nucleare, con tutto ciò che
ne consegue in termini di assorbimento ubiquitario di piante, animali
e persone grazie al solo utilizzo di queste tecnologie e, in ultima
analisi, al consumo energetico, che metterà seriamente a rischio, se
già ve ne fosse bisogno, la sostenibilità energetico-ambientale del
nostro ecosistema.
Insomma
riassumendo le evidenze scientifiche, che a più riprese
dimostrerebbero danni biologici rilevanti derivanti dalle esposizione
alle Radiofrequenze non ionizzanti sono pressoché schiaccianti,
seppur vero che la percentuale di aumento di incidenza patologica,
quale che sia la patologia in questione (dal semplice sintomo
reversibile fino alle forme più gravi di neoplasie), necessita
sempre di maggior statistica poiché studi contrastanti spesso si
riferiscono a cluster di aumento patologico e non a proiezioni
epidemiologiche su tutta la popolazione. In questi casi è difficile
affermare in maniera predittiva che a seguito di una determinata
esposizione si manifesterà quella particolare percentuale di
incremento patologico (tumorale o meno). Ma il danno esiste ed è
accertato, il QUANTO è da comprendere meglio poiché dipende dalla
metodologia di indagine adottata e dal criterio statistico e quindi
non sempre risulterà immediato mettere assieme case-studies e
statistiche variegate.
Come
si dovrebbe comportare la politica di fronte a questa constatazione?
Andando avanti incurante delle evidenze, magari sposando la tesi
dell’innocuità dell’esposizione, oppure prendere di petto il
problema adottando la tesi più cautelativa e vietando alcuni
sviluppi sicuramente pericolosi per l’ambiente e la salute?
Premettendo
che per valutare eventuali conflitti di interessi basta andare a
leggere il curriculum delle persone che fanno parte delle varie
organizzazioni, anche se queste si dichiarano ufficialmente
indipendenti. Nella fattispecie vi sono due grandi “campane”, che
si contrappongono tra loro facilmente identificabili come “organismi
di parte”: da un lato c’è l’ICNIRP (link:
https://www.icnirp.org/),
che formalmente si professa organizzazione indipendente, ma che allo
stato di fatto si dichiara negazionista sui danni da esposizione alle
radiofrequenze e si permette a più riprese di partorire e proporre
delle raccomandazioni e/o linee guida sempre a favore delle società
di TLC.3
Dall’altra parte si potrebbe inserire Bio-Initiative (link:
https://bioinitiative.org/),
che esacerba in maniera un pò troppo sopra le righe delle tematiche
di tutela della salute raccomandando valori di campo pressoché
inattuabili in questo secolo.
Come
sempre “in
medio stat virtus” e quindi il compito della Politica (quella con
la “P” maiuscola) dovrebbe essere quello di proiettare l’impatto
presunto di una tecnologia (nuova o già in essere), valutando costi
e benefici. Un esempio virtuoso di bilanciamento preventivo è
rappresentato dall’ ICEMS (link: http://www.icems.eu/),
la commissione
internazionale per la sicurezza elettromagnetica fulgido
esempio di come
si possano trovare dei criteri attuabili e compatibili con la vita
umana. Grazie a questa commissione i limiti di esposizione
identificati dalla normativa italiana sono 100 volte più bassi che
altrove (Legge
quadro n. 36/2001; D.Lgs. 259/2003 (Codice delle Comunicazione
Elettriche),DCPM
del 08/07/2003; D.L. 179/2012 convertito, con modificazioni, nella
Legge 221/2012 e
le Norme
tecniche attuative:
Norma
CEI 211-7; Norma CEI 211-10 ):
In
particolare sono identificati tre
differenti valori:
i
Limiti
di Esposizione,
i
Valori
di Attenzione,
gli
Obiettivi di Qualità
N.B.:
In caso di adeguamento ai valori europei vi sarebbe un appiattimento
di questi tre valori normativi ai 61V/m.
Premesso
che con il decreto Monti i valori dei 6V/m invece di essere misurati
come media dei valori di campo in 6 minuti di tempo (valore
giustificato dal fatto che si tratterebbe di un danno acuto di
riscaldamento corporeo e che i 6 minuti sono il tempo medio di
virializzazione per la dissipazione del calore accumulato), si è
deciso di misurarlo
come media nelle 24 ore (rif.
Art. 14 comma 2-b D.L.179/2012 convertito con modificazioni nella
L.221/12 ),
cosa che di fatto rappresenta
un innalzamento fittizio dei limiti ben
al di sopra
dei 6V/m. Come
già evidenziato da emeriti scienziati il valore dei 6V/m deve essere
mantenuto poiché anche solo a livello cancerogenico non si
evidenziano (ad
esempio negli
esperimenti del Ramazzini) effetti cancerogenici od innalzamento del
rischio di contrarre gliomi e schwannomi a 5V/m, purtuttavia va
evidenziato che gli effetti dannosi derivanti dall’ esposizione ai
CEM non si limitano agli effetti cancerogenici ma, come visto
precedentemente, a tutta una serie di altre patologie più o meno
invalidanti, che risultano nel medio/lungo periodo predisponenti
ANCHE allo sviluppo di neoplasie e che risultano principalmente
correlate ad un aumento significativo della risposta biologica allo
stress ambientale causato dalla continua esposizione ai CEM.
L’
unica criticità di questa normativa riguarda il fatto che “i
valori di attenzione” ed “gli obiettivi di qualità” risultano
uguali, mentre sarebbe auspicabile che, come valore di qualità, si
identificasse un valore inferiore in termini di obiettivi per la
tutela della salute (magari da applicare nei luoghi più sensibili,
come scuole, ospedali, centri sportivi, ecc.): questi obiettivi di
qualità potrebbero essere fissati ad esempio a 0.6V/m.
Solo
una azione legislativa (nuova legge) o referendaria (abrogazione
decreto Monti) potrebbe risolvere la questione dei limiti di legge,
fatte
salve
le pressioni dell’industria
delle TLC al
fine di
aumentarli:
notizia di questi giorni che il commissario “alla ripartenza”,
Vittorio Colao (ex-A.D. Vodafone ed
attualmente Consigliere d’Amministrazione di Verizon, con compiti
di Corporate Governance and Policy, Finance, che
è bene ricordare si tratti
di una delle società più impegnate nello sviluppo del 5G )
nominato
dal Presidente del Consiglio Giuseppe
Conte,
il
quale identifica
come prioritario alla ripartenza l’aumento dei limiti di legge
adeguando i valori italiani a quelli europei per poter accelerare
sullo sviluppo dell’infrastruttura 5G in Italia (nel
far questo viene inviato un report con numeri a casaccio al governo
affermando che i limiti aumenterebbero di sole tre volte a 3,7GHz
(una delle frequenze del 5G) passando dai 20V/m ai 61V/m, ma
colpevolmente
(o deliberatamente)
dimenticando
due cose: 1) il limite italiano di legge a quella frequenza è 40V/m
(non 20) e che il limite nella normativa si misura in Watt/m2.
Inoltre il limite a cui si innalzerebbe non è quello dei 20V/m ma
quello dei 6V/m delle zone con permanenza superiore alle
4 ore giornaliere (che è la parte cautelativa della nostra
normativa). Quindi il passaggio omesso al governo è che si
passerebbe da 6V/m=0.095Watt/m2
a 61V/m=9.87Watt/m2
con un aumento netto di 9.87/0.095=103
volte il limite attuale!
Una
leggerezza abbastanza deplorevole contro la salute ed a tutto
vantaggio del 5G e, incidentalmente, anche di tutte le società, che
con il 5G lucrano!
Tralasciando
le pressioni che ci sono e ci saranno sempre da
parte dell’industria delle TLC,
il compito della politica quindi dovrebbe essere quello di proiettare
plausibilmente il danno. Ad
esempio cambierebbe molto se a seguito dello sviluppo del 5G vi fosse
un incremento tumorale dello 0.01%,
dello 0.1%,
del 1%, del 2 o 3 o 4 o 5%? Verosimilmente invece di negare qualsiasi
possibilità un cittadino si aspetterebbe da parte della politica una
valutazione seria di quello che risulterebbe il costo di un tale
incremento come impatto sociale
(es. sui
costi del Sistema Sanitario Nazionale, SSN),
che chiaramente non avrebbe problemi a sostenere un aumento dello
0.01%
o del 0.1%
annuo, ma finirebbe in poco tempo per andare in default se l’
incremento fosse dell’1-2-3-4-5%.
A
tal proposito sarebbe auspicabile una clausola di salvaguardia,
poiché nessun indotto economico giustificherebbe un tale carico di
malattie da
subire per la popolazione, ma anche da
curare per
il SSN)
per il nostro sistema sanitario. La clausola potrebbe essere quella
di obbligare le società di telecomunicazioni ad integrare il sistema
sanitario per un costo ritenuto adeguato. Far pagare a monte delle
accise ed avvisare con opportuna pubblicità dei reali rischi a cui
si va incontro nell’utilizzo smodato ed incontrollato di tali
tecnologie (si vedano le campagne per la cancerogenicità del fumo di
tabacco).
Sebbene
a livello locale non si possa agire sui limiti di legge, si può
comunque affrontare il problema dell’esposizione umana ai CEM,
minimizzando l’impatto delle installazioni per salvaguardare la
salute della cittadinanza. Si tratta di una sfida per tutte le
amministrazioni comunali, sopratutto in merito alla necessità di
posizionare e regolamentare opportunamente gli apparati senza creare
luoghi di sovraffolamento di antenne e quindi di sovraesposizione
(anche se entro i limiti di legge) della popolazione.
Appare
infatti puerile applicare il sistema tabacco li dove vi siano già
abbastanza evidenze scientifiche della dannosità per la salute a
medio-lungo termine derivante da una esposizione continua a campi
elettromagnetici e ciò per valori ben al di sotto dei pur sempre
cautelativi limiti di legge italiani.
Le
evidenze scientifiche (alcune mostrate in questa monografia)
rappresentano tutte assieme la “pistola fumante”, quindi non ha
senso parlare più di PRINCIPIO DI PRECAUZIONE ovvero di limitare la
proliferazione di apparati appellandosi alla possibilità di un danno
per la salute, ma bisogna proprio appellarsi al PRINCIPIO DI
PREVENZIONE di fronte ad un danno per la salute CERTO (e non
potenziale), sebbene sia da quantificare nel dettaglio con l’
aumento significativo della statistica in questione (si veda
appendice C).
Compito
della politica nell’appellarsi al principio di prevenzione, quindi
è quello di porre in essere tutte le misure possibili per
minimizzare a priori l’impatto sulla popolazione, garantendo
comunque alle società di operare, bilanciandone i servizi offerti
sul territorio in modo da minimizzarne l’esposizione per la
popolazione.
A
tal proposito a livello nazionale è possibile prevedere una
moratoria dedicata a tutte le installazioni e progetti, che prevedono
il funzionamento del beam-forming (5G sopra i 20GHz), anche a livello
nazionale, come già avvenuto a in Svizzera e Slovenia. Per le altre
frequenze a livello locale si potrebbe intervenire efficacemente
adottando opportuni piani di localizzazione e razionalizzazione delle
antenne (PRAEET) e dei validi regolamenti comunali ben costruiti sul
contesto storico ambientale, orografico e demografico dell’utenza
comunale, che permetta di porre dei paletti sulle aree più sensibili
ed a maggior rischio (scuole, asili, centro anziani, ospedali e
centri sportivi) e, se possibile identificare casistiche di
localizzazione per tipologia di apparati in base alla loro portata e
frequenza: in questo modo sarà possibile identificare se ed in quali
contesti gli stessi possano essere posizionati e posti in servizio su
territorio comunale (agendo sulle distanze minime si potrà calibrare
efficacemente l’intensità di campo, a cui la cittadinanza in media
viene sottoposta e farla rientrare entro dei valori consoni).
Quello
che NON va fatto assolutamente è lasciare carta bianca agli
operatori di creare e disporre al bisogno i propri apparati wireless,
limitandosi alla stesura di un semplice regolamento nel quale se un
apparato risponde alle esigenze normative ed autorizzative può
essere posizionato legalmente in qualsiasi luogo (anche sopra scuole
ospedali ecc.).
Detto
altrimenti: senza criteri localizzativi identificati dai comuni non
dovrebbero essere predisposti neanche quelli autorizzativi (il
rischio è quello mostrato in figura dove si assiste ad un far-west
di installazioni per lo più sovrapposte nelle zone di maggior
bisogno in termini di utenza dei servizi, invece di obbligare il
co-site evitando interferenze e sovraesposizioni per i cittadini.
Nota
a margine: essendo le compagnie telefoniche negazioniste sulla
nocività dell’esposizione alle onde elettromagnetiche non
ionizzanti per valori al di sotto dei limiti di legge (comunque non
sindacabili da alcun regolamento locale), le stesse non avranno alcun
problema a dichiarare la non nocività degli apparati, che si
apprestano ad installare all’atto della pratica autorizzativa,
sollevando e scaricando il comune (che concede l’autorizzazione) da
qualsiasi responsabilità in seno ad eventuali danni pervenuti e
certificati a causa dell’esercizio degli apparati stessi.
In
caso contrario e senza questo scarico di responsabilità un
“responsabile” regolamento comunale potrà negare il permesso
all’installazione per mancanza di documentazione fondamentale al
rilascio di suddetto permesso!
In
questo periodo assistiamo al proliferare di amministrazioni locali
che emettono ordinanze per il divieto della tecnologia 5G sul loro
territorio. Non siamo qui a ribadire le prerogative localizzative ed
autorizzative (ben diverse da quelle normative) delle amministrazioni
comunali, ma comprendiamo come, di fronte al pericolo per la salute i
sindaci, che rappresentano la massima autorità sanitaria sul
territorio comunale, decidano in perfetta autonomia di bloccare nuove
installazioni di telefonia. Il problema è che deve esserci una
urgenza contingente e, sopratutto deve essere chiaro che una
qualsivoglia ordinanza (posto che non venga impugnata dalle compagnie
telefoniche) deve considerarsi solo temporaneo e non risolutiva del
problema. Ad esempio se il comune risultasse sprovvisto di
regolamento antenne/praeet l’ordinanza potrebbe essere
leggittimata dall’avere il tempo necessario ad effettuare questi
lavori tecnico-amministrativi e quindi anche qualora venisse
appellata dinanzi al TAR, sarebbe possibile ritirarla nel momento, in
cui il regolamento e praeet venissero redatti, con non luogo a
procedere. L’importante è che qualsiasi azione amministrativa SIA
EFFETTIVAMENTE MOTIVATA e non sia uno specchietto politico elettorale,
perché in questo caso risulterebbe totalmente controproducente ed
inefficace.
Tutto
questo discorso risulta comunque incompleto se da questa review non
emergessero delle alternative plausibili all’utilizzo del wireless.
Il problema, a cui siamo andati incontro, sopratutto in Italia è la
decisione strategica nazionale di puntare sul digitale terrestre
anziché sul via cavo e/o sul satellitare. La scelta è risultata
infelice e tecnologicamente perdente: siamo l’ unico paese in
Europa assieme alla Grecia che utilizza il wireless per la diffusione
del DVB. In altri paesi si è scelto in maniera lungimirante di
utilizzare il via cavo ed in zone difficilmente raggiungibili, il
satellitare. Da tenere presente che il wireless non può essere per
definizione adotto a metodo preferenziale per l’ abbattimento del
digital divide. Il digital divide si abbatte anche portando la fibra
ottica nelle case delle persone e questo significa investimento
infrastrutturale, che nel medio-lungo periodo poi avrà dei risvolti
economici non indifferenti in termini di utilizzo
dell’infrastruttura. A cavallo degli anni 2000 in Romania e nei
paesi dell’Est Europa si sono investiti miliardi di euro per
stendere l’infrastruttura in fibra ottica ed oggi ci ritroviamo che
le società di servizi sono emigrate tutte in luoghi più favorevoli
e dove le e-infra diano possibilità di sviluppo sostanziale.
La
gigantesca disinformazione su questo argomento vorrebbe che una
infrastruttura basata sul 5G e wireless di ultima generazione possa
sopperire alle mancanze infrastrutturali italiane, ma qualsivoglia
apparato 5G dovrà comunque connettersi alla fibra ottica per avere
banda sufficiente a trasmettere il segnale, in caso contrario ci si
basa su una infrastruttura preesistente 4G, che funziona con classici
ponti radio e di fatto finirebbe per rappresentare un collo di
bottiglia. Non ha senso connettersi con una latenza del microsecondo
se poi il throughput dell’infrastruttura è quello del 4G, che per
definizione rappresenta un collo di bottiglia: detto altrimenti non è
furbo spendere soldi per comperare una Ferrari ed essere poi
costretti a guidarla a 50Km/h per via delle buche sull’asfalto!
La
tecnologia wireless millantata come soluzione a tutti i demand e
use-case tecnologici in realtà è solo vendita di fumo per
corrispondenza, che però comporterà un aumento significativo
dell’esposizione alle radiofrequenze di tutta la popolazione.
Come
risolvere queste criticità? Da un punto di vista nazionale la rete
in fibra ottica deve essere sviluppata come prima infrastruttura
strategica per il paese e la proprietà di questa infrastruttura deve
essere totalmente statale ad investimento pubblico (non privato).
Così come le frequenze vengono messe all’asta periodicamente,
l’utilizzo di siffatta infrastruttura potrà essere messa a
concessione decennale in percentuale ai vari operatori
(partecipandone ai guadagni).
Prima
del wireless quindi va sviluppata la rete in fibra ottica. Già
questo dovrebbe bastare per fermare lo sviluppo selvaggio delle
infrastruttura e delle facilities radio. Il passo successivo dovrà
essere quello di dismettere switchare le tecnologie obsolete,
prevedendo una visione sostenibile del nostro futuro tecnologico. Il
DVB potrebbe quindi essere tranquillamente inglobato nel flusso dati
internet ed i ripetitori Radio e TV potranno essere facilmente spenti
senza creare alcun disservizio per l’ utenza.
Nei
luoghi dove la fibra ottica potrebbe avere problemi di copertura si
potrebbero utilizzare nell’ordine: i ponti-laser-ottici (a basso
impatto ambientale) ed il power-line (ovvero l’ utilizzo di onde
convogliate sulla rete elettrica).
Il
powerline è deprecabile in ambienti indoor poiché trasforma ogni
elemento (cavi, lampade, ecc…), dove scorre corrente elettrica in
emettitore wireless (di potenza simile a quella del Wifi sebbene
irradi frequenze nettamente inferiori al GHz), mentre per portare il
segnale dell’ultimo miglio fino alla soglia delle abitazioni può
essere auspicabile e, considerato che i cavi elettrici raggiungono
ogni casa, ad impatto pressoché nullo. Anche se ad oggi le
performances di un powerline di alta gamma non supera comunque la
banda portante di 2gbps (salvo sviluppi tecnologici futuri), questo
genere di connessione non può essere paragonabile ad oggi alla fibra
ottica in generale, ma rappresenta una alternativa adeguata e stabile
per portare la connessione (ovvero abbattere il digital divide) a
circa il 90% delle utenze domestiche. All’interno delle abitazioni,
oltre al cablato ethernet è possibile pensare al LiFi, che sta
prendendo piede e, modulando il segnale ottico emesso da alcuni led a
intermittenza, permette il trasferimento dati senza utilizzo di
radiofrequenze (proprie ad esempio del WiFi).
Il
LiFi è attualmente più costoso e necessita di adattatori specifici
per funzionare sui dispositivi mobili, ma per l’ utilizzo in
ambienti domestici e lavorativi potrebbe rappresentare la soluzione
CEM-Free più appetibile. (N.B. in questo discorso vanno considerati
anche i potenziali effetti dannosi derivanti dall’ utilizzo dei led
per le persone elettrosensibili, vedere dopo).
Outdoor
il problema della connettività pare impossibile da sormontare senza
l’ utilizzo del Wireless ed a tal fine sono da preferire delle
small cells rispetto ai grandi ripetitori propri delle precedenti
tecnologie wireless. “Conditio Sine Qua Non” di tale sviluppo
capillare outdoor è la necessità di usare solo alcui canali
preferenziali e SPEGNERE tutto il superfluo che possa viaggiare sulle
stesse frequenze. Da deprecare ed evitare assolutamente l’utilizzo
simultaneo di differenti frequenze poiché l’impatto sull’ambiente
e sulla salute si somma quadraticamente non solo in termini di
segnale totale, ma, sopratutto in termini di modulazione del
danno/patologia.
In
sostanza se arriva una nuova tecnologia (es. 5G che si basi su nuove
frequenze) allora per la messa in servizio è fondamentale ed
obbligatorio che le precedenti tecnologie (e frequenze) vengano
dismesse e liberate garantendo solo un periodo temporale strettamente
limitato di transizione (sebbene sia da evitare sempre la coesistenza
prolungata di differenti frequenze e tecnologie per non introdurre un
fattore additivo di sovraesposizione).
Risulta
di particolare importanza la progettazione di sistemi informatici e
di trasmissione wireless, che siano il meno impattanti possibile,
poiché assieme alle patologie descritte finora, si sta assistendo
negli ultimi anni all’aumento di un fenomeno patologico sistemico
noto come “elettrosensibilità”, EHS. Si tratta di una patologia
ancora non riconosciuta dalle unità sanitarie italiane e si
manifesta in percentuale come le comuni allergie: negli anni ‘20 le
persone allergiche erano più o meno il 3% della popolazione, oggi
siamo oltre al 30%. Si tratta di un tipo di reazione dell’organismo
alle sollecitazioni indotte dall’esposizione ai campi
elettromagnetici e sta aumentando in maniera progressiva, come
mostrato dagli studi di Belpomme et al 2015.
L’elettrosensibilità
produce una vera e propria invalidità causata da una serie di
sintomi molto simili a quelli della Sensibilità Chimica Multipla,
MCS. Tra i sintomi si annoverano: bruciori, arrossamenti, prurito,
sintomi allergici, insonnia irritabilità, difficoltà di
concentrazione, disorientamento spaziale e cognitivo, stanchezza
cronica, iperattività nei bambini, difficoltà digestive ecc.
In
Italia tale patologia non viene riconosciuta appellandosi all’
effetto psicosomatico noto come NOCEBO (ovvero placebo inverso), ma
in altri stati alcuni tribunali hanno concesso delle pensioni di
invalidità (es. Tribunale di Tolosa, 2015). La stessa organizzazione
mondiale della sanità ha riconosciuto la patologia recentemente.
L’insussistenza
dell’associazione nocebo-elettrosensibilità si evince da uno
studio condotto in doppio cieco dal prof. Fiorenzo Marinelli ed il
dipartimento di Statistica dell’ Università di Bologna finanziato
dall’ 8×1000 della Chiesa Valdese, in cui si evince l’insorgenza
di particolari sintomi monitorando dei soggetti dichiaratamente
elettrosensibili esposti a campi elettromagnetici di frequenze
proprie delle più svariate tecnologie (GSM, UMTS, LTE, WiFi ecc) ed
il risultato è stato che il sintomo proprio di alcune frequenze si
manifestava a determinati intervalli temporali segno che l’
organismo prima di accusare e manifestare il sintomo, cercava di
adattarsi allo stress indotto dall’esposizione; ne consegue che
l’elettrosensibilità come dichiarata va necessariamente
considerata come una patologia vera e propria e non un effetto
psicosomatico.
Qualora
si fosse comunque sottoposti all’esposizione a frequenze nonostante
un buon piano antenne e tutte le accortezze del mondo, bisogna
cercare di ripararsi per evitare ulteriori problemi. Nell’affermare
questo bisogna premettere che non esistono dispositivi miracolosi che
possano schermare una radiazione elettromagnetica (ne per il 5G ne
per altre alte frequenze/tecnologie). Non esistono suppellettili o
pennette usb o altri pseudo-dispositivi, che possano schermare
contemporaneamente delle radiazioni che vengono da più fonti e con
più frequenze portanti in simultanea. Nel 90% dei casi quando
promette che la presenza di un dispositivo possa aiutare ad essere
schermati, protetti o tutelati biologicamente (magari durante il
sonno), si tratta di truffe. Ovvero se nell’ utilizzo di tali
dispositivi si percepisce un miglioramento è verosimile che si
tratti di un effetto placebo.
In sostanza allo
stato attuale è pressoché assodato che non esistano dispositivi
elettro-medicali capaci di attutire significativamente le onde.
Esistono
però alcuni dispositivi che scombussolano le onde provocando
interferenza; tali dispositivi vengono detti Jammer: utilizzando
questi dispositivi non si elimina il segnale, ma si disturba l’
onda portante in modo da non permettere al segnale di essere
agganciato a cellulari, modem ecc. Si tratta di dispositivi che,
oltre ad avere una bassa portata, sono comunque vietati in Italia. Il
funzionamento di alcuni di questi dispositivi-jammer entra in
interazione ANCHE con gli strumenti di misura e quindi sembra che non
vi sia campo misurabile in realtà è lo strumento che non funziona
correttamente in presenza di un jammer. Anche se si portano dei
jammer attivo-passivi con se (immaginiamo in un treno), l’
impressione è che non si abbia un segnale intorno poiché le persone
non parlano al cellulare e/o non ricevono telefonate, ma in questa
condizione proprio i loro cellulari tenderanno a sparare il segnale
alla massima potenza proprio perché non riescono ad agganciarsi al
segnale, quindi l’ effetto psicosomatico da una parte non può
essere giustificato dall’aumento smodato dell’esposizione
nell’intorno del jammer appunto.
L’unico
modo di schermarsi dalle onde e dai CEM ad alte frequenze è essere
contenuti all’ interno di una gabbia, detta Gabbia di Farday.
Si può schermare tutta la casa con opportune vernici e tende, ma se
si lascia un pertugio non schermato si rischia che le onde entrino
dentro e paradossalmente comincino a riflettersi dalle pareti interne
della gabbia amplificandosi in risonanza. È importante che se si
decide qualcosa del genere si faccia bene e che siano degli esperti a
farlo con tutti i crismi e la posa in opera a regola d’arte.
Chiaramente avere una gabbia significa che il campo CEM interno verrà
riflesso dalle pareti quindi vanno esclusi modem e cellulari
internamente ad un ambiente isolato in questo modo. Le
raccomandazioni per elettrosensibili e chi soffre per l’
esposizione ai CEM è quello di concentrarsi a creare nelle proprie
abitazioni una (o più) “camera bianca” totalmente isolata in
modo da potervisi rifugiare in caso di crisi.
Stesso
discorso si applica ai vestiti schermanti: o sono tute complete
oppure si rischia di fare più danni (es. il cappellino di stagnola,
che spesso viene usato come elemento di derisione per bollare gli
elettrosensibili come dei terrapiattisti o rettiliani, non va
assolutamente indossato poiché paradossalmente potrebbe concentrare
le onde centimetriche proprio dentro la calotta cranica!).
Per
i campi magnetici la schermatura è molto più problematica (e
costosa) e l’unica vera accortezza è rimanere lontani da cavidotti,
tralicci di alta tensione, accumulatori e cabine di trasformazione.
Concludendo
il discorso e ricollegandoci all’esigenza non procastinabile di
riconoscere il danno da esposizione ai CEM mettendo da parte il
principio di precauzione ed appellandosi direttamente al
principio di prevenzione nei riguardi di un danno certo, il
compito della politica è quello di proiettare, sulla base delle
evidenze scientifiche, i danni alla popolazione e comprendere se e
cosa sia da considerarsi un danno collaterale dello sviluppo di una
qualsivoglia tecnologia. Se la statistica rafforzata degli studi
dell’Istituto Ramazzini e dell’ NTP americano dovesse confermare
un incremento tumorale del 1-2% significherebbe che, su una
popolazione di 65milioni di abitanti italiani, nel giro di poche
decine di anni il costo di curare questi nuovi malati
elettromagnetici per il SSN diventerebbe insostenibile e quindi, a
meno che non vi sia la prospettiva futura di privatizzare
completamente la sanità pubblica, il costo di questo nuovo sviluppo
tecnologico andrebbe valutato e suddiviso come oneri da parte di chi,
con questa tecnologia fa il suo business. Nel 2017, fonte ISS ci sono
stati 369mila casi di nuovi tumori e, considerando che per curare un
tumore il costo da parte del SSN è molto elevato, se vi fosse un
aumento dell’ 1-2% annuo di tumori causati dall’utilizzo delle
nuove tecnologie, l’ impatto epidemiologico sarebbe devastante nel
giro di alcune decine di anni.
Poi
è ovvio che se e quando comparissero le “pecettine” con scritti
slogan come “NOCE GRAVEMENTE ALLA SALUTE” oppure “UNA
ESPOSIZIONE INCONTROLLATA PUO’ PROVOCARE IL CANCRO” ecc… sui
dispositivi elettronici (routers, palmari, smartphones, ecc…), che
usano i CEM per funzionare, allora la popolazione risulterà
adeguatamente informata della problematica e, magari, le mamme ed i
papà eviteranno di dare il cellulare in mano ai bambini per farli
stare buoni isolandosi dal mondo mentre svolgono le loro faccende di
casa. A quel punto lo stato intascherà delle opportune accise sulla
commercializzazione e reinvestirà nella cura delle patologie
(purtroppo non solo cancerogene) connesse con l’ utilizzo di questi
dispositivi. Più o meno come accade con il gioco d’azzardo per poi
andare a curare con il SSN le persone, che si trovano nella spirale
della ludopatia. Esistono degli studi molto seri condotti in Corea
del Sud, che mostrano come il dare un tablet ai propri figli risulti
paragonabile a fornir loro una droga sopratutto se questo dispositivo
può essere utilizzato in maniera illimitata dai fanciulli (facendo
emergere innumerevoli problemi psicologici e fisici, che
compromettono anche il rendimento scolastico e l’apprendimento
cognitivo).
Un
discorso a parte lo merita il problema psicosomatico connesso
all’utilizzo scriteriato dei dispositivi wireless nella ricerca
forsennata di una vita alternativa a quella reale da parte di
adolescenti e persone più adulte.
Oramai
risaputo che oltre agli effetti fisici derivanti dalle patologie
(come già detto non solo tumorali) indotte dall’utilizzo dei
dispositivi elettronici, esistono un sommerso di patologie psichiche,
psicologiche e psicosomatiche che spesso vengono considerate minori,
ma che nel complesso tendono ad affliggere una grossa fetta della
popolazione italiana. Termini come Sindrome della Capanna,
Sindrome Hikkikomori, Tecno-Dipendenza e Demenza-Digitale stanno
diventando sinonimi di abuso di tecnologie informatiche e creazione
di nuove generazioni di adolescenti con problemi cognitivi, sociali e
psico-fisici, che inevitabilmente diventeranno adulti con altrettanti
problemi umani, relazionali e di socializzazione incapaci di vivere
in un mondo reale, spesso auto-confinandosi ad un mondo virtuale
alternativo, magari delusi dal mondo “esterno” giudicato senza
aspettative/prospettive.
A
tal proposito David Greenfield professore di psichiatria
all’Università del Connecticut in un recente lavoro (Greenfield
D.N. e Davis R.A., 2002)sostiene
che l’attaccamento
allo smartphone è
molto simile a tutte le altre dipendenzein
quanto causa delle interferenze nella produzione della dopamina, il
neurotrasmettitore, che regola il “circuito celebrale della
ricompensa”: incoraggia le persone a svolgere attività,
che “credono porteranno
del piacere”.
Cosi ogni volta che vediamo apparire una notifica sul cellulare sale
il livello di dopamina. Il problema però
e che non possiamo sapere in anticipo se accadrà
davvero qualche cosa di bello, cosi si ha l’impulso
di controllare in continuazione innescando
lo stesso meccanismo che si attiva in un giocatore di azzardo.
Di
tale sindrome sono affetti principalmente “i millenials” (ovvero
i giovani nati nel nuovo millenio). Chiaramente
questo genere di disagio di concretizza maggiormente quando sono i
genitori i primi addicted all’uso del cellulare: un recente studio
ha mostrato la maggiore incidenza di problemi cognitivi e di sviluppo
psico-fisico da parte dei ragazzi, che hanno all’interno del loro
nucleo familiare dei genitori loro
stessi dipendenti
dal cellulare/smartphone.
Su
questo filone di sviluppo sociologico si sta muovendo un movimento
molto particolare, che si chiama TransUmanesimo, che
vorrebbe intervenire li dove le mancanze dell’essere umano
rappresenterebbero una sua limitazione congenita, potenziandone le
capacità cognitive e fisiche con innesti adeguati (anche neuronali),
fino a diventare macchine vere e proprie con un ex-cervello umano.
Nel far questo lo sviluppo di una rete globale e l’ affermarsi di
AI (Intelligenze Artificiali) svolgono un ruolo fondamentale
dell’alienazione e minimizzazione della nostra perduta umanità.
Insomma
basta mettersi a tavolino e progettare il futuro per renderlo più
sostenibile e, sopratutto, più a misura d’uomo minimizzando i
rischi per la salute senza dover rinunciare al progresso ed a tutti i
servizi offerti, di cui la nostra società è diventata
colpevolmente, ma anche irrimediabilmente “addicted”. Basta
volerlo fare per il bene di tutti e non avere come unico criterio di
sviluppo il benessere economico ed il profitto delle compagnie
erogatrici di suddetti servizi.
Ma
non crediamo che ciò possa avvenire finché esisterà un “Ministero
dello Sviluppo Economico”. Se e quando questo ministero verrà
abolito e trasformato in un “Ministero al Progresso” allora
potremo a ragione intravedere una nuova alba per questa martoriata
umanità, fino a quel momento l’unica speranza di vedere un po’ di
luce è la Scienza (quella con la “S” maiuscola!)… SEGUIAMOLA e
non ci lasciamo abbindolare da chi, ISPE DIXIT, afferma come un
mantra e/o verità assoluta l’innocuità dell’esposizione ai CEM
da radiofrequenza non ionizzante.
Quanto
scritto qui non lascia adito a fraintendimenti sul reale rischio di
un approccio dogmatico alla questione nei riguardi della quale la
“Scienza” ha già parlato ed indicato la da percorrere, mentre lo
“scientismo” negando le evidenze empiriche cercano solo di trarre
in inganno l’interlocutore.
Per
dirimere la questione e farvi una vostra opinione, basta prefigurarsi
una scenetta immaginando, quando, dopo la chiusura forzata,
riusciremo a rientrare in un ristorante, che cosa ci risponderà il
ristoratore alla seguente domanda:
“OSTE
DA VOI IL VINO E’ BUONO?”
APPENDICE
A: LA STRATEGIA DEL TABACCO (tratto da articolo di Stefano Dalla
Casa)
I
danni del fumo di sigaretta erano stati accertati molto tempo prima.
I nazisti,
per esempio, avevano concluso negli
anni ’30
che fumare non era salutare e il regime si opponeva al fumo: Hitler
in persona non voleva che si fumasse in sua presenza. Anche se Werner
Von Braun ci
avrebbe portato sulla Luna, comprensibilmente nel dopoguerra nessuno
poteva permettersi di dare credito a ricerche fatte dai nazisti,
ma presto altri scienziati cominciarono a interessarsi agli
effetti del fumo: per la fine degli anni ’50 gli studi accumulati
non lasciavano alcun dubbio sulla pericolosità delle sigarette.
Le
carte dell’epoca rivelano che le industrie del tabacco
erano nel panico, e passarono all’azione: il 15 dicembre del
1953 i presidenti di American
Tobacco, Benson and Hedges, Philip Morris, e Us Tobacco si
riunirono al Plaza Hotel di New York e si accordarono per difendere
il loro prodotto sul terreno delle pubbliche
relazioni.
Il pubblico doveva credere che erano ancora molte, troppe le
domande
senza risposta
in merito agli effetti del fumo, e per questo motivo i rischi
prospettati da alcuni studi non potevano essere presi seriamente
in considerazione dal punto di vista scientifico. Il dubbio,
essenziale nella ricerca scientifica, diventò quindi
l’espediente per
ingannare i cittadini:
era assolutamente vero che non si sapeva tutto degli effetti del
fumo e sui meccanismi da cui erano causati (esistono tutt’ora
degli interrogativi irrisolti), ma che il fumo uccidesse stava
diventando sempre più evidente. Come scrivono gli autori di
Merchants
of Doubt:
L’industria
aveva realizzato che si poteva creare l’impressione di una
controversia semplicemente facendo domande, anche quando si
conoscevano le risposte e in realtà queste ultime non servivano a
supportare la causa.
Perché
l’inganno funzionasse a dovere, le industrie sapevano di
dover portare dalla loro parte un po’ di scienziati. Nel
1954 arruolarono il noto genetista C.
C. Little
per guidare il Tobacco
Industry Research Committee,attraverso
il quale avrebbero finanziato in modo mirato i ricercatori che
potevano essere più utili alla causa. Con questi metodi si
guadagnarono nel tempo la collaborazione anche di scienziati di
altissimo profilo, come il celebre fisico Frederick
Seitz. Grazie
a questi studiosi compiacenti fu possibile
creare l’illusione
di un dibattito scientifico in corso,
e a al tempo stesso creare una riserva di esperti disposti
a testimoniare in tribunale in modo da non compromettere certi
interessi.
Gli
spin
doctor
di queste operazioni ricevettero anche un aiuto inaspettato proprio
da quei regolamenti che tanto odiavano i loro clienti: nel
1949 era infatti entrata in vigore la Fairness
Doctrine,
ovvero l’obbligo per le emittenti di presentare tutte le
posizioni di un dibattito di interesse pubblico.
Questo
permetteva ai portavoce dell’industria di pretendere in Tv e in
radio lo stesso spazio riservato agli esperti in nome del
contraddittorio, ma in realtà anche la carta stampata adottò la
stesse regole. In linea di principio la Fairness Doctrine era
nell’interesse dei cittadini, ma nella pratica la
scienza non è come un dibattito politico.
Oreskes e Conway inoltre scrivono:
Sembra
che l’equilibrio giornalistico fosse stato interpretato come dare
uguale
peso a entrambe le opinioni, invece che dare un peso accurato
a entrambe le opinioni.
Grazie
un manipolo di scienziati compiacenti le industrie del tabacco sono
sopravvissute egregiamente man mano che le persone continuavano a
morire a causa del prodotto che vendevano. Quando non fu più
possibile negare l’evidenza la battaglia si spostò sul fumo
passivo, ma la strategia rimase la stessa: combattere la scienza
con le pubbliche relazioni, approfittando delle sue
imperfezioni. Un vero e proprio complotto ai danni dei consumatori,
come è stato stabilito anche da una sentenza
americana del 2009.
Quando la
scienza cominciò a svelare l’esistenza
di altri rischi ambientali,
che avrebbero portato ad altri dispendiosi regolamenti (e, per
alcuni, alla dittatura comunista perché, si sa, gli
ambientalisti sono cocomeri: verdi fuori e rossi dentro),
la soluzione per le industrie interessate era quindi a portata
di mano. Dal
DDT
alle piogge acide, dal buco dell’ozono al riscaldamento globale,
all’
esposizione ai CEM,
il copione si ripeterà, e spesso troveremo gli
stessi influenti scienziati
a fare da capocomico.
APPENDICE
B: Elementi salienti delle petizioni popolari ed ordinanze sindacali
di opposizione alla tecnologia 5G.
Nell’ultimo rapporto
Scheer del 20.12.2018 – il
Comitato Scientifico per la Salute, l’Ambiente e i Rischi
Emergenti della UE –
individua al punto 4.4 come
rischio emergente di livello 3 (il più alto) gli “Effetti
potenziali sulla natura dell’aumento delle radiazioni
elettromagnetiche”, specificatamente in relazione alla nuova
tecnologia 5G:
“All’orizzonte,
una nuova generazione di lunghezze d’onda 5G ad alta frequenza ancora
più corte viene proposta per alimentare l’Internet delle Cose
(IoT-Internet of Things)…L’espansione della banda larga con
radiazioni a radiofrequenza a lunghezze d’onda ancora più corte
suscita la preoccupazione che il rischio per la salute e la sicurezza
resti sconosciuto…Come i campi elettromagnetici possano colpire gli
esseri umani rimane un’area controversa, e gli studi non hanno
portato una chiara evidenza dell’impatto su mammiferi, uccelli o
insetti. La mancanza di una
chiara evidenza che informi lo sviluppo di linee guida per la
tecnologia 5G lascia aperta la possibilità di conseguenze biologiche
impreviste.”
Sui
LIMITI CAUTELATIVI
di esposizione alle radiofrequenze previsti dalla legge, oggi
disposti sui 6 v/m di media sulle 24 ore (con picchi quindi molto più
alti durante le ore diurne) il prof
Gino Levis in una intervista sul
quotidiano la Repubblica del 2013 afferma:
“I
6 V/m non sono affatto un limite cautelativo.
La scienza indipendente ha da tempo dato pareri molto diversi da
quelli seguiti dalla legislazione. Le leggi regionali emanate tra la
fine degli anni novanta e gli inizi del 2000, ad esempio,
fissavano un valore di cautela a 0,5 V/m, che poi è stato cancellato
dal Dpcm del 2003″.
Della
sua stessa opinione il ricercatore
biologo Fiorenzo Marinelli,
dell’Istituto di Genetica molecolare del CNR, intervistato sul
Fatto Quotidiano, sempre nel 2013:
“La
legge, già poco cautelativa, è stata nel tempo peggiorata con
l’eliminazione delle pertinenze nella misura dell’abitazione e
con l’allungamento del tempo di media da 6 minuti a 24 ore. Occorre
abrogare questi peggioramenti della legge, estendere ai telefonini i
limiti che esistono per le antenne, far predisporre i telefoni in
modo che si spengano oltre i due minuti. Riportare sui telefoni la
scritta “nuoce gravemente alla salute”. Far scendere i limiti di
esposizione a 0,6 V/m”.
Il
dott.Agostino di Ciaula, Direttore scientifico dell’
L’ISDE (International Society of Doctors for the Environment)
Italia scrive sulla sua pagina
facebook:
la
“soglia” dei 6V/m
non è affatto “scientificamente definita”, come spesso accade
per i limiti di legge. Non
garantisce sicurezza né valutando i soli effetti termici per
esposizioni acute (gli unici sui quali è basata, contro ogni logica
e precauzione) né, tanto meno, i possibili effetti biologici da
esposizioni croniche (completamente ignorati nella formulazione di
quel limite
e, ancora più, di tutti gli altri citati). La
soglia per l’assenza di effetti biologici (non solo cancro) è
attualmente considerata 0.04 V/m.
La
Commissione Europea per il Rischio da Radiazioni Non ionizzanti
(ECNRR), costituita da scienziati ed esperti, istituita nel
settembre 2018 per indagare sulla questione degli effetti sulla
salute delle radiazioni non ionizzanti e per valutare e proporre
regolamenti sui rischi derivanti da sorgenti di radiazioni non
ionizzanti, in particolare le esposizioni di telefonia mobile, nel
maggio 2019 ha stabilito i “Limiti di esposizione per le
radiazioni a radiofrequenza nella gamma del 4G e 5G”
considerando le linee guida ICNIRP non
protettive per la salute:
“Negli
ultimi 20 anni si sono accumulate prove sufficienti a dimostrare in
modo inequivocabile che l’esposizione a fonti di radiofrequenza causa
una serie di gravi danni alla salute, incluso il cancro.…È stato
motivo di preoccupazione per la Commissione che nessuna
Organizzazione ufficiale abbia affrontato adeguatamente le prove
epidemiologiche e di studio sugli animali, né vi sia stato alcun
tentativo di quantificare
l’esposizione cumulativa, come nel caso delle
radiazioni ionizzanti. Di conseguenza, la
Commissione ha sviluppato uno strumento per quantificare
l’esposizione cumulativa. Viene definita una nuova quantità, la NRAD
(Dose Assorbita dalle Radiazioni Non ionizzanti).
Un NRAD,
è definito come un assorbimento di energia a radiofrequenza (RF) da
parte del tessuto pari a 1 kJ per kg di tessuto.”
L’ISDE
(Associazione Italiana Medici per L’ Ambiente) chiede
una moratoria sulla sperimentazione del 5G
“fino
a quando non sia adeguatamente pianificato un coinvolgimento degli
enti pubblici deputati al controllo ambientale e sanitario, messe in
atto valutazioni del rischio e un piano di monitoraggio dei possibili
effetti sanitari degli esposti che dovrebbero essere informati dei
rischi potenziali”
e,
nel rispetto del Principio di Precauzione,
“non
appare etico ignorare le evidenze disponibili ed attendere la
eventuale (ovviamente non auspicabile) dimostrazione a posteriori del
danno in presenza di un possibile rischio per la salute pubblica
attuale e controllabile”.
Una Richiesta
di moratoria per il 5G nella UE è stata sottoscritta da più di
180 scienziati:
Unappello
internazionale
del Dott. Firstenberg ha raccolto più di 90.000
firme.
In
Italia, circa40.000
cittadini
hanno firmato una petizione contro la sperimentazione 5G ed
incentivato i loro sindaci nel vietarne la pserimentazione sul suolo
comunale.
Già
nel 2012 il
rapporto Bioinitiative,
aveva selezionato, raccolto e recensito numerosissimi studi che
attestavano gli effetti biologici avversi e i danni alla salute
dovuti alle radiazioni a radiofrequenza.L’
aggiornamento
2014 del rapporto BioInitiative 2007-2012 A Rationale for a
Biologically-based Public Exposture Standards for Electromagnetic
Fields (ELF and RF), rappresenta
delle meta-analisi
di oltre 3000 studi sottoposti a peer review sui CEM artificiali:
“Summary for the Public”, marzo 2014 Supplement, a cura di Cindy
Sage risulta
diponibile
online: https://bioinitiative.org
Da
citare
anche il lavoro del 2004 del
Prof. Dott. Angelo Gino Levis,
già
Ordinario di Mutagenesi Ambientale presso l’Università degli
Studi di Padova. Già membro permanente della Commissione
Tossicologica Nazionale presso l’Istituto Superiore di Sanità di
Roma. Già consulente dell’Organizzazione Mondiale della Sanità
presso l’Agenzia Internazionale per le Ricerche sul Cancro
(I.A.R.C.) di Lione (Francia).Membro fondatore della International
Commission for Electro-Magnetic Safety (ICEMS). Vice-presidente
A.P.P.L.E. ).
Effetti
biologici e sanitari a breve e a lungo termine delle radiofrequenze e
delle microonde:
“Ciò
che l’industria delle telecomunicazioni sostiene è che le radiazioni
5G saranno per lo più assorbite negli 1 o 2 mm più esterni della
superficie corporea, e quindi sostengono che non ci
si deve
preoccupare
degli effetti. In
ogni caso, questi effetti superficiali del 5G avranno un impatto
particolarmente forte sugli organismi con un rapporto molto più
elevato tra superficie e volume. Di conseguenza, si
prevede
che vi
saranno alcuni
organismi molto più colpiti di noi (insetti
e altri artropodi, uccelli, piccoli mammiferi e anfibi;
senza escludere le
piante, gli alberi ad alto fusto, perché gli alberi hanno foglie e
organi riproduttivi che risultano altamente esposti).”
Riportiamo
un recente e significativo studio
svizzero condotto daEsra
Neufeld, Niels Kuster, Health Physics (115(6)
705-711 Dec. 2018),
che a proposito delle radiazioni
wireless sopra i 10 Ghz così
conclude:
”I risultati
mostrano anche che il picco medio di 1000 tollerato dalle linee guida
di protezione del Consiglio Internazionale per le Radiazioni Non
Ionizzanti può portare a danni
permanenti ai tessuti anche dopo brevi esposizioni”.
L’esposizione
ai Campi elettromagnetici (Cem) di bassa ed alta frequenza può
determinare l’insorgenza
di una patologia ambientale denominataElettrosensibilità
o
Elettroipersensibilità
(EHS),
una reazione avversa multiorgano, caratterizzata da una moltitudine
di sintomi aspecifici (cefalea, insonnia, disturbi dell’attenzione
e della memoria, alterazioni del ritmo cardiaco, depressione, nausea,
tinnito, etc.) che possono variare per intensità, frequenza e
durata. Tali sintomi tendono ad aggravarsi e a cronicizzarsi
comportando un degrado della qualità della vita e a volte
compromissione o perdita della capacità lavorativa. Nel 2012
l’Associazione dei Medici Austriaci ha pubblicato le linea guida
per la diagnosi ed il trattamento delle patologie correlate
all’esposizione a campi elettromagnetici. In uno studio recente D.
Belpomme
individua specifici marcatori biologici che possono fungere da validi
ed oggettivi criteri di patogenesi e di diagnosi per
l’elettrosensibilità.
Infine,
particolare
attenzione va rivolta ai bambini
che, come afferma l’Associazione
dei pediatri americani,
(Lloyd
Morgan L. Kesari S., Lee Davis D. (2014) Why children absorb more
microwave radiation than adults: The consequences Journal of
Microscopy and Ultrastructure, 2 :197-204.):
“non
sono dei piccoli adulti e, a parità di esposizione, subiscono
maggiormente gli effetti di tutti gli inquinanti ambientali, compresi
i campi elettromagnetici artificiali; Ciò è dovuto al fatto che i
loro corpi sono più piccoli, le ossa del cranio sono più sottili,
la massa encefalica è minore (quindi è soggetta a maggior
penetrazione e diffusione delle radiazioni).”
Poiché
le radiofrequenze provocano danni da accumulo, i bambini rischiano
quindi
di manifestare, per la precoce esposizione, malattie
neurodegenerative e tumori in età adulta.
In
occasione della conferenza internazionale tenutasi nel febbraio 2017
a Reykjavik “Children, Screen time and Wireless Radiation” è
stato firmato un nuovo appello a tutela della salute dei bambini
(Reykjavik Appeal on wireless
technology in school). I
firmatari, primo fra tutti Hardell, chiedono alle autorità
scolastiche di adottare tutte le ragionevoli misure per ridurre
l’esposizione dei bambini, come preferire le connessioni ad
Internet via cavo.
APPENDICE
C: PRINCIPIO DI PRECAUZIONE E DEMOCRAZIA
L’errore
più frequente che si commette sul tema del “5G” è quello
di invocare genericamente il principio di precauzione e invocare
altrettanto genericamente la scienza per giustificarlo.
Come
ha spiegato uno dei più autorevoli costituzionalisti statunitensi
(Cass R. Sunstein, “Il governo della paura. Oltre il principio
di precauzione”) il principio di precauzione è un vuoto
semantico. Numerose norme lo prevedono o lo enunciano; ma solo
alcune lo declinano in una specifica deontologia (per es. l’art. 3 n.
3 dell’UNFCCC); la maggior parte lo richiama in modo volutamente
generico e fungibile (per es., e non a caso, l’art. 191 del TFUE e il
TU italiano sull’ambiente). In tema di tecnologie, poi, esso scade
addirittura a misura di “cautela”.
Ecco
allora che non si capisce bene come funzioni e a che cosa serva il
principio di precauzione.
Inoltre,
si trascura sempre la circostanza che “principio di precauzione”
non è sinonimo né di tutela dei diritti dei cittadini e delle loro
libertà né, soprattutto, è sinonimo di democrazia, quindi di
consenso dei cittadini sulle scelte che incidono sulla loro salute.
Non
a caso, il principio di precauzione è ben gradito e trova
applicazione nei sistemi autoritari e illiberali, che purtroppo sono
la maggioranza nel mondo, a partire dalla “tecnologica” e
“scientifica” Cina (non ce ne vogliano i cinesi!).
Di
conseguenza, associare il tema del “5G” al solo principio
di precauzione e alla sola scienza non è sufficiente. Non coglie la
vera posta in gioco di questa nuova tecnologia: che è il consenso
democratico a un trattamento sanitario (ossia che incide comunque
sulla salute umana) di massa.
Si
provi a tracciare questa banale analogia e riflettere sul paradosso
che ne emerge: qualsiasi cittadino può rifiutarsi di sottoporsi a
una radiografia, nonostante tutte le cautele offerte dalla tecnica e
dalla scienza (e nessuno gli può impedire di rifiutarsi). Eppuure lo
stesso cittadino oggi non può nulla per impedire lo sviluppo del
“5G”, neanche in nome della “precauzione” e della
“scienza”.
Quindi
quel cittadino dovrà concludere come, di fronte alla tecnologia, il
suo statuto di sovranità risulti asimmetrico: sovranità e libertà
assolute al cospetto delle piccole tecnologie; sovranità e libertà
inesistenti e trattamento sperimentale obbligatorio senza consenso,
al cospetto delle grandi e potenti tecnologie. Scopre anche che
invocare la tecnologia, la precauzione e la scienza, senza declinarle
con la democrazia, significa abdicare alla propria libertà di
consenso sui trattamenti di massa. Significa tramutarsi in
cittadino-cavia.
La
vera e profonda differenza che intercorre tra uno Stato democratico e
la Cina non è nella precauzione, nella tecnologia e nella scienza: è
nel consenso libero, informato e sovrano a qualsiasi trattamento di
massa.
Se
non cogliamo questo distinguo, non capiamo nulla di democrazia.
La
posta in gioco del “5G” è la democrazia e la sovranità
popolare, non semplicemente la precauzione.
Discutere
di “5G”, pertanto, significa discutere da che parte stare
nella opzione tra “iper-connessioni” di massa, magari in
precauzione e scienza, da un lato, e sovranità e libertà di
autodeterminazione sui trattamenti che incidono sulla salute,
dall’altro.
Non
vivendo in Cina (dove precauzione e tecnologie sono garantite ma non
certo la libertà e la democrazia), tutti noi possiamo scegliere.
E
dovremmo saper scegliere per la libertà e la democrazia, se non
vogliamo autocertificarci sudditi, ancorché “iper-connessi”.
E’
la democrazia che fa la differenza su precauzione e innovazione
tecnologica, non l’inverso. La democrazia non ostacola la tecnologia,
la legittima imponendo il rispetto della volontà dei cittadini, la
trasparenza delle informazioni, la deliberazione motivata, il
consenso informato, il confronto con le diverse posizioni: tutte
condizioni importantissime non meno delle “iper-connessioni”;
tutte condizioni che, su una vicenda così importante come il “5G”,
non sono prese in considerazione.
Addirittura
nel periodo più buio dal dopoguerra si è identificato un piano di
ripartenza identificato da esperti delle TLC che considera le liberà
costituzionali come un ostacolo da superare per la ripertenza.
Il
che è grave e inaccettabile, oltre che, naturalmente,
incostituzionale. Questi esperti, di cui non faremo il nome,
dovrebbero leggersi la Costituzione Italiana, prima di “proporre”
scorciatoie alla cinese.
Se
trascuriamo questi dettagli, commettiamo un errore molto grave in un
mondo notoriamente “in declino democratico”.
Liberamente
ispirato da un post di Michela Carducci.
Riferimenti
e lista (non esaustiva) delle pubblicazioni richiamate nel testo:
[2]
National Toxiology Program, “Final Report” sulla cancerogenicità
da radiazione 2G e 3G, 1 nov 2018 and “Report of Partial Findings
from the National Toxicology Program Carcinogenesis Studies of Cell
Phone Radiofrequency Radiation in Hsd : Sprague Dawley® SD rats
(Whole Body Exposures)”
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environmental implications”, PO Box 7443, Menlo
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L.Hardell, “World
Health Organization, radiofrequency radiation and health – a hard nut
to crack (Review)”, International
Journal of Oncology, 2017
Altri
studi specifici e più dettagliati possono essere rinvenuti ai
seguenti links:
Questa
monografia nasce come manuale per l’attivista, che viene donato
alla collettività per divulgare la conoscenza su un tema troppo
spesso mistificato e volutamente minimizzato per questioni di
profitto economico dell’industria.
Resta
da intendere e considerare come una DISPENSA APERTA al miglioramento
da parte di contributi di tecnici, scienziati ed associazioni.
La
prima stesura viene
presentata come un
documento
di indirizzo
tecnico-scientifico da parte del neo-costituito tavolo
tra
associazionidel
settore, denominato
P.ASS.I.
POLO ASSOCIATIVO ITALIANO,
per
condividere idee ed iniziative volte alla tutela della salute
dall’esposizione ai CEM e contro il proliferare incontrollato del
5G/6G con
annessi risvolti socio-sanitari.
Le
associazioni costituenti
sono
di
seguito elencate in
ordine alfabetico:
-A.432Hz
Ambiente e Salute
-Atto
PRIMO, Salute Ambiente e Cultura
-Comitato
di Tutela e Salvaguardia dell’ Ambiente in
NELL’ATTESA
E NELLA SPERANZA CHE ALTRE ASSOCIAZIONI MOTIVATE SI ASSOCINO AL
NOSTRO PROGETTO!
Footnotes:
1Lo
shitstorm mediatico è un termine anglosassone, che significa
letteralmente “tempesta di merda” ed indica una azione
coordinata di discredito condotta all’unisono da differenti
personaggi coordinati come avviene nella più classica strategia del
fango.
2Il
magnate americano Elon Musk, proprietario della società SpaceX,
come mantra nel suo personalissimo concetto di progresso, considera
fondamentale andare a portare la connessione internet a banda larga
in Africa (a detta sua per permetterne lo sviluppo), ma si dimentica
che circa la metà della popolazione africana, ovvero 600milioni,
non hanno neanche la corrente elettrica nelle case. Forse prima di
portare internet andrebbe fatto altro, magari smettere di sfruttare
il continente africano da parte delle corporazioni occidentali!
3Esiste
una lista di circa 38 membri dell’ICNIRP, che si sono
succeduti negli anni che a diverso titolo risultano gravati da
conflitto di interesse con l’industria delle TLC, a questi si
aggiungono altri 62 membri della commissione europea per i
rischi da esposizione alle radiofrequenze SCENIHR alcuni dei quali
in comune con l’ICNIRP. L’ influenza sull’OMS/WHO è
chiaramente esercitata dall’alto delle commissioni e delle
raccomandazioni di questi “esperti”.
___ Stefano Gallozzi: “Epistemologia, Scienza e Scientismo
Applicate: ___
Il
caso dell’effetto biologico da esposizione ai Campi
Elettromagnetici” p. 6
IN DATA 26/05/2020 IL TAR, TRIBUNALE AMMINISTRATIVO DEL LAZIO, HA EMESSO UNA SENTENZA STORICA PER MONTE PORZIO CATONE DANDO RAGIONE AL RICORSO PRESENTATO DAL
“COMITATO di TUTELA e SALVAGUARDIA DELL’AMBIENTE – ONLUS”
CHE SI E’ OPPOSTO AL “PIANO DI LOTTIZZAZIONE COLLE FORMELLO” (EX-LOTTIZZAZIONE RONCORONI-RICCI) PER LA COSTRUZIONE DI VILLINI PER 17.000 METRI CUBI DI CEMENTO SU UN EX-BOSCO DI CASTAGNI.
DOPO QUASI 40 ANNI IN CUI LE DIVERSE AMMINISTRAZIONI, DI TUTTI I COLORI POLITICI, HANNO ACCETTATO SUPINAMENTE, IRRESPONSABILMENTE, COLPEVOLMENTE, PERPAURA E/O PER CONNIVENZALA LOGICA DEI SIGNORI DEL CEMENTO, LA BATTAGLIA LEGALE (AUTOFINANZIATA DAI CITTADINI!), CHE IL “COMITATO DI TUTELA DELL’AMBIENTE” HA INIZIATO QUATTRO ANNI E MEZZO FA,
HA MESSO FINE ALLA MINACCIA
DI UNA ULTERIORE DEVASTAZIONE DEL NOSTRO TERRITORIO
ED ORA TUTTI RISPETTINO LA VOLONTA’ DEI CITTADINI:
CEMENTIFICAZIONE ZERO!
IL TERRITORIO VERDE DI COLLE FORMELLO NON SI TOCCA!
“UN VINCITORE E’ UN SOGNATORE CHE NON SI E’ ARRESO” (Nelson Mandela)
QUANDO GLI SCIENZIATI SONO ***DI REGIME***, il “Patto Trasversale della Scienza” chiede la censura invece di confutare con metodo scientifico le affermazioni, che vanno contro le loro “opinioni” (chiaramente non certezze) scientifiche di questa setta.
Quando un ruolo autoassegnato da alla testa alle persone ci si trova ad un passo dalla Santa Inquisizione… che in periodo di pestilenza/pandemia mondiale ci riporta dritti dritti al medioevo!
PS: nel dipinto in foto è rappresentato il Processo e la Condanna a Galileo…
VI RIGIRO QUESTA RICHEISTA INDIGNATA RIVOLTA ALL’ACCADEMIA DEI LINCEI E SI CHIEDE DI DIVULGARLA A 360GRADI E DI FIRMARLE TUTTI (sopratutto scienziati ed accademici). —
Si invita tutti a sottoscrivere la lettera. Ci saranno tre elenchi: il primo sottoscritto da scienziati e dottori, anche in materie umanistiche, che chiedono al Presidente dell’Accademia dei Lincei di intervenire per stigmatizzare il Patto Trasversale per la Scienza. Il secondo da cittadini che sottoscrivono per sostenere la richiesta dei primi Questa distinzione discende dalla decisione di rivolgersi all’Accademia dei Lincei, per stigmatizzare il comportamento del PTS di rivolgersi al “braccio secolare”, Magistratura onAGCOM, per mettere a tacere i lori avversari scientifici. Per sottoscrivere occorre inviare una mail a ssppm4p@gmail.com in cui si dichiara di sottoscrivere la lettera, riportandola in allegato o riportandone il titolo, specificando, cognome e nome, professione, eventuale titolo accademico, comune di residenza o di lavoro. — DI SEGUITO IL TESTO DELLA LETTERA (SCARICA LA LETTERA QUI -> .pdf)
Gent.mo Prof. Giorgio Parisi (Presidente dell’Accademia dei Lincei)
In un momento di grande difficoltà per il nostro Paese e per l’intera umanità sono sorte violente polemiche all’interno della comunità scientifica in merito all’opportunità di divulgare le proprie opinioni ancorché maturate in base ai propri o altrui studi e supportate da una pluriennale esperienza. In particolare sono sorte associazioni che si sono autoproclamate portavoce dell’intera comunità scientifica che si ritengono depositarie del diritto di divulgare la posizione ufficiale della scienza sui mezzi di comunicazione. Ci riferiamo all’ associazione cosiddetta “Patto Trasversale per la Scienza” ed alla sua diffida nei confronti della direttrice della Microbiologia Clinica, Virologia e Diagnostica Bio-emergenze dell’ Ospedale Sacco di Milano perché ha diffuso alcuni dati e alcune riflessioni, che le sono venute in evidenza durante il suo lavoro, difformi da quelle sostenute dagli appartenenti all’associazione. La stessa associazione ha quindi denunciato alla Magistratura un farmacologo che ha rilasciato una intervista ad una televisione streaming sulla presente epidemia e che esprimeva alcune tesi simili, sebbene più radicali, a quelle in precedenza espressa dalla stessa dirigente del Sacco di Milano sulla natura della presente epidemia, chiedendo al contempo all’Autorità regolatoria l’oscuramento della televisione. Non le sfuggirà il paradosso di questa situazione. La scienza si basa, per definizione, sulla formulazione di ipotesi e sulla metodologia necessaria alla loro verifica e non rifugge, per sua stessa natura, al dibattito ed al confronto indispensabili al reale avanzamento della conoscenza. Ci sentiamo pertanto profondamente offesi dall’apprendere che a nome dell’intera comunità scientifica si chiede alla magistratura di silenziare le opinioni difformi dalla propria e non si ricorre, come invece è proprio della professione di scienziato, alla confutazione con gli strumenti di cui la comunità scientifica si è dotata. Riteniamo, come scienziati e dottori, che la nostra onorabilità professionale sia stata grandemente lesa poiché è stata ingenerata nell’opinione pubblica l’idea falsa che la comunità scientifica sia un blocco monolitico la cui principale funzione è la soppressione del dissenso al di fuori di quei canali che sono invece propri alla nostra deontologia professionale alla quale ciascuno di noi ha dedicato studi, abnegazione ed entusiasmo. Le chiediamo pertanto di intervenire pubblicamente a nome dell’Accademia dei Lincei per ricordare quali sono le corrette modalità del dibattito scientifico autonomo ed obiettivo e quali sono i canali attraverso i quali esso si svolge per fugare ogni possibile dubbio che l’attitudine galileiana alla ricerca scientifica possa essere sacrificata dalla comunità degli scienziati in questa o in future circostanze.
Cordiali saluti, … altre firme…
A questo indirizzo è possibile inviare una mail per SOTTOSCRIVERE IL TESTO, dichiarando di sottoscrivere la lettera, riportandola in allegato o riportandone il titolo, specificando, cognome e nome, professione, eventuale titolo accademico, comune di residenza o di lavoro:
Il TAR Lazio accoglie il ricorso per come proposto dai ricorrenti confinanti e commercianti monteporziani e, per l’effetto, annulla l’impugnato provvedimento del permesso a costruire n. 7/2018, rilasciato dal Comune di Monte Porzio Catone.
La sentenza (ATTO PUBBLICO) può essere scaricata dal seguente link:
In sostanza il TAR ha accolto il ricorso annullando il permesso a costruire per l’ infrazione della destinazione identificata nel piano regolatore e sopratutto perché nell’ area, inserita nella zona di contiguità del parco, deve prevalere in sintesi la tutela dell’ ambiente e non l’ interesse del privato nel realizzare una colata di cemento (interesse che invece il comune ha teso a preferire emettendo il permesso a costruire in questione!).
Come comitato abbiamo supportato questo ricorso e continuiamo a ritenere valide le motivazioni, che ci hanno portato ad aderire/contribuire, quindi facciamo i complimenti a tutti i ricorrenti ed auspichiamo che il comune di Monte Porzio Catone si appresti a restituire gli oneri di concessione incassati impropriamente visto l’ esito del ricorso ed a prendere dei provvedimenti a che in quell’ area non si avanzino più tali richieste.
A questo punto viene meno anche il nostro ricorso in Soprintendenza delle Belle Arti, ma benissimo così!
Ci auguriamo che NESSUNO ACCAMPI PIU’ PRETESE di centri commerciali su questo sito.
Non verranno oltremodo tollerate manovre di varianti al piano regolatore neanche di tipo “francobollo” per venire incontro alle esigenze del privato, poiché il nostro paese è in dissesto e non in “liquidazione”!.
Ci troviamo a Monte Porzio Catone una mattina di agosto veniamo svegliati alle 6 dal rumore delle motoseghe e pensiamo a qualche zelante vicino in atto alla potatura di qualche alberello di frutta. Ed invece ci affacciamo e vediamo cadere uno dopo l’ altro degli alberi, pini marittimi, che erano qui prima ancora che venisse costruita la casa da cui ci affacciamo! Incredibile. 1 – 2 – 10 insomma le motoseghe non si fermano e la superficie occupata dalla pineta diminuisce istante dopo istante.
Allarmati da questo ci rivolgiamo subito alla forestale memori delle conseguenze (civili e penali) per chi nel lontano 2015 ha deciso di tagliare senza permessi, ben 107 piante lungo via del Tuscolo. Ed avanziamo una serie di domande.
Le risposte ad alcune domande e segnalazioni sui socials ci vengono fornite proprio dal Sindaco di Monte Porzio Catone Massimo Pulcini e dal suo assessore all’ urbanistica Roberto Primavera. Cerchiamo di riassumere la questione per poi trarre le opportune conclusioni.
1) Un privato (già proprietario di altri alberghi in zona) ha acquistato l’ albergo Giovannella all’ Asta Giudiziaria dopo il fallimento di quest’ultimo. Si segnalava uno stato di abbandono e l’ utilizzo non consono della struttura da parte di senza tetto ecc.
2) Dopo l’ acquisto, con la precedente amministrazione monteporziana è stato stipulato un accordo, nel quale il comune cedeva al proprietario una particella di terreno a ridosso dell’ albergo ed il proprietario cedeva al comune una particella di terreno a ridosso del campo sportivo, dove sarebbe sorto un parcheggio.
3) la particella del parcheggio è quella con la pineta oggetto in questi giorni dei tagli.
4) il proprietario ha provveduto a presentare comunicazione al comune di “edilizia libera” per movimenti terra ecc… ed assieme a questa comunicazione ha preparato una relazione di parte di un Dott. Agronomo Forestale sig. XXXX, il quale ha dichiarato, che gran parte degli alberi della pineta erano a rischio stabilità e/o malati e dovevano quindi essere tagliate via; N.B. assieme al taglio c’è l’ **impegno** (non obbligo) alla ripiantumazione di specie adulte adattabili al luogo.
5) senza dire nulla a nessuno hanno apposto il cartello ed hanno cominciato i lavori di taglio, mettendo tutta la cittadinanza di fronte al fatto compiuto.
Alle nostre richieste di permessi ci viene risposto sia da conoscenti del proprietario, sia dal sindaco che è tutto in regola, nel senso che è stata presentata la relazione e quindi è tutto ok. A questo punto chiediamo cortesemente di avere gli estremi di qualche nulla osta (parco, paesaggistica ecc..) ma non riceviamo alcuna risposta.
Dopo alcuni giorni di insistenza si chiarifica la situazione amministrativa in questi termini:
E’ emerso che il terreno non ricade nell’ area a maggior tutela del parco, ma solo nell’ area contigua, quindi non necessita di nulla osta del parco.
Inoltre secondo l’ area tecnica del comune di Monte Porzio Catone per come riferito dal sindaco Pulcini, secondo il Decreto del Presidente della Repubblica 13 febbraio 2017, n. 31 (vedere link: http://www.bosettiegatti.eu/info/norme/statali/2017_0031.htm) le operazioni di “SOSTITUZIONE” non necessitano di autorizzazione paesaggistica, poiché
“A.14. sostituzione o messa a dimora di alberi e arbusti, singoli o in gruppi, in aree pubbliche o private, eseguita con esemplari adulti della stessa specie o di specie autoctone o comunque storicamente naturalizzate e tipiche dei luoghi, purché tali interventi non interessino i beni di cui all’art. 136, comma 1, lettere a) e b) del Codice, ferma l’autorizzazione degli uffici competenti, ove prevista;”
Purtroppo non è proprio così poiché sempre dallo stesso decreto si evince necessaria l’ autorizzazione paesaggistica poiché:
“B.22. taglio, senza sostituzione, di alberi, ferma l’autorizzazione degli uffici competenti, ove prevista; sostituzione o messa a dimora di alberi e arbusti nelle aree, pubbliche o private, vincolate ai sensi dell’art. 136, comma 1, lettere a) e b) del Codice, ferma l’autorizzazione degli uffici competenti, ove prevista;”
La domanda da porsi è questa: si applica o no il punto A14 o si applica il B22?
Nel caso in questione, anche ponendo che effettivamente vengano ripiantumati tutti gli alberi tagliati (cosa ababstanza difficile vista l’ età media 50-60-70 anni) con altri alberi adulti (10-20-30 anni, questo prevederebbe la “sostituzione”), in ogni caso una pineta verde panoramica nel comune di MPC unico polmone verde vicino al centro storico effettivamente è da considerarsi ricadere nei casi di tutela dell’ art.136 comma 1 lettere a e b. Quali sono questi casi? Eccoli di seguito:
1. Sono soggetti alle disposizioni di questo Titolo per il loro notevole interesse pubblico: (comma così modificato dall’art. 2 del d.lgs. n. 63 del 2008) a) le cose immobili che hanno cospicui caratteri di bellezza naturale, singolarità geologica o memoria storica, ivi compresi gli alberi monumentali; b) le ville, i giardini e i parchi, non tutelati dalle disposizioni della Parte seconda del presente codice, che si distinguono per la loro non comune bellezza;
Quindi il comune di monte Porzio Catone potrebbe aver commesso “una leggerezza” non prevedendo il Nulla Osta paesagistico alla sostituzione (ovvero taglio senza sostituzione) della pineta? Forse si o forse no.
Altra “potenziale leggerezza” del comune riguarderebbe la non previsione di chiedere un parere al Parco Regionale dei Castelli Romani, poiché nonostante la particella non ricada nell’ area a maggior rispetto e tutela del parco (verde scura della foto), essa ricade comunque nell’ area “contigua” (verde chiara della foto), che rappresenta a tutti gli effetti il perimetro reale del confine del Parco dei Castelli (come anche definito dalle norme tecniche attuative) e, certamente un parere (se non nulla osta) sull’ eradicazione di una pineta è un atto dovuto e di cortese copartecipazione da parte di un ente che ha il compito di tutelare entro i suoi confini tutti i beni pubblici naturali come quello di cui si discute (pineta).
Ma anche ammettendo di saltare questi passaggi amministrativi, che comunque riteniamo importanti e non secondari, quello che non si poteva saltare e che rappresenta la cosa più grave di tutte è che il comune NON HA PUBBLICATO SULL’ ALBO PRETORIO l’ autorizzazione rilasciata dall’ ufficio tecnico al proprietario per il taglio/sostituzione degli alberi della pineta.
Può sembrare un fatto da poco, ma la pubblicazione del permesso (magari in sub-delega regionale paesaggistica) sull’ albo pretorio significava dare la possibilità a qualunque cittadino si senta leso dall’ autorizzazione ad impugnare la stessa dinanzi al T.A.R. Lazio (entro i fatidici 60 giorni) e, qualora si concretizzasse “un danno serio ed imminente” (come le motoseghe in azione), chiederne la sospensiva immediata sempre al TAR.
In sostanza si potevano aggirare tutti i vincoli o le lungaggini burocratiche se e solo se il comune, a seguito della perizia del tecnico avesse emesso permesso al taglio/sostituzione della pineta e lo avesse pubblicato sull’ albo pretorio: ma così facendo noi ***comitato*** (o chiunque altro) avremmo letto, avremmo radunato i cittadini, avremmo spiegato la questione ed avremmo deciso se lasciar correre oppure impugnare l’ atto in questione (con eventuale sospensiva in caso di danno irreparabile come è il taglio della pineta in questione). Questo passaggio è stato VOLUTAMENTE saltato per non permettere (a noi ed a nessun altro) di intervenire contrastando il progetto a qualsivoglia titolo/livello.
LA COSA È PARECCHIO SCONVENIENTE.
Il nostro compito ORA , OLTRE ALLA DENUNCIA DEL DANNO AMBIENTALE ARRECATO, riguarderà anche far luce su quest’ ultimo passaggio di un iter amminstrativo per nulla trasparente/corretto e comprendere se vi siano responsabilità personali o meno in tutto questo.
INOLTRE CI PIACEREBBE SAPERE COSA NE PENSA IL NUOVO ASSESSORE ALL’ AMBIENTE, avv. M. Pitolli, di Monte Porzio Catone, se per lui/lei sia lecito e sostenibile a livello ambientale, procedere al disboscamento di una pineta scoscesa per far posto ad un parcheggio, che per inciso poteva essere realizzato senza alcun danno anche sotto la pineta stessa.
In particolare che tipo di indagini e proiezioni sono state fatte a livello idrogeologico a valle dell’ eradicazione di una macchia verde che assorbe acqua piovana rispetto alla tenuta idrogeologica del pendio ed alla possibilità di allagamenti a valle dovuti all’ impermeabilizzazione del suolo? Forse assieme al parcheggio si progettava anche un nuova piscina olimpionica al posto del campo da calcio?
Settembre 27 2019 qualcosa si e’ mosso!
AGGIORNAMENTO: denunciate 4 persone e sequestrata tutta l’area dell’ albergo Giovannella!
Questo per dire che il nostro comitato non fa mai battaglie contro i mulini a vento! Adesso gradiremmo da parte di tutte le persone, “istituzioni ed uffici comunali compresi”, che hanno peronato la causa del taglio alberi e del fatto che fosse TUTTO in regola … SILENZIO!
N.B. il nostro comitato aveva denunciato l’abbattimento di circa 30 alberi mentre la forestale ne ha contati tra 50 e 60 tagliati.
Ricordiamo infine a cosa si va incontro con un taglio alberi senza permessi ( vedere immagine ).
Infine ogni albero adulto tagliato equivale circa 20 nuovi impianti, stando quindi al computo totale degli abbattimenti di Giovannella, per compensare ( solo compensare) il danno ambientale subito dalle future generazioni dovrebbero essere reimpiantati almeno 1000 alberi!
Appuntamento SABATO 20 Luglio 2019 a P.zza Borghese panchine lato belvedere a Monte Porzio Catone dalle ore 18:00 alle 20:00 circa. In programma la raccolta firme e l’ adesione alle iniziative popolari dei Cittadini dei Castelli Romani promosse dal costituente “COMITATO PER L’ACQUA DI ROCCA PRIORA E COMUNI LIMITROFI” (nella persona di Pierluigi Littera) ed a cui il nostro Comitato partecipa incondizionatamente. I dettagli delle iniziative (civili e penali) in programma verranno prontamente illustrate e descritte ai partecipanti. Tra queste iniziative una class-action di risarcimento danno per i disservizi causati dalla gestione vergognosa di ACEA del servizio idrico.
C’è qualcosa di profondamente sbagliato ed abominevole nel modo in cui questa società a fini di lucro (s.p.a.) gestisce una risorsa che e’ e DEVE rimanere pubblica! Non ve lo chiederemmo se non fosse veramente necessaria la partecipazione di tutti i cittadini stanchi di questi soprusi e di queste vessazioni. Fuori l’ACEA dalla gestione della nostra risorsa idrica!
INNANZITUTTO: cominciamo a preparare le bollette come onere probatorio dei costi ingiustamente addebitati da ACEA. Sia per quello che riguarda le bollette pazze, sia per quello che riguarda gli oneri di DEPURAZIONE E DI FOGNATURA per le abitazioni sprovviste di allaccio fognario. L’ avvocato, che ci assiste nell’ iniziativa afferma, che si può andare tranquillamente indietro per 10 anni (non solo 5)… quindi ogni utenza che vorrà quantificare il danno arrecato annualmente da ACEA potrà, bollette alla mano fare il suo conto per poi andare a battere cassa nella Class-Action aggiungendo queste cifre indebitamente sottratte al danno materiale delle interruzioni! Andiamo avanti a testa bassa!
SABATO 20 dalle ore 18:00 alle 20:00 a piazza Borghese in Monte Porzio Catone.
ACCORRETE NUMEROSI !!!
QUESTO ACCADEVA BEN 2 ANNI FA. DA ALLORA NON E’ CAMBIATO NULLA ED I SINDACI CONTINUANO A NON FARE NULLA (->VIDEO_LINK).
LE TURNAZIONI SONO RIPARTITE PER SCELTA UNILATERALE DI ACEA ATO2!! SOLO I CITTADINI POSSONO PRENDERE IN MANO LA SITUAZIONE! ANDIAMO AVANTI…
E’ ORA CHE SI PASSI DALLE CHIACCHIERE AI FATTI!
ACEA NON VOGLIAMO L’AUTOBOTTE RIPARATE LE CONDOTTE!
ECCO La Cronistoria dell’ incontro tra i sindaci e la dirigenza ACEA in comunità Montana.
ACEA ha deciso:
“La turnazione idrica riprenderà da lunedì prossimo tutti i lunedì, mercoledì e venerdi dalle 23 alle 5 di mattina (orari da confermare comune per comune)”. I sindaci si oppongono ma ad ACEA non frega nulla! Questo per garantire l’acqua a Roma…!
N.B.: SI FA TURNAZIONE NONOSTANTE L’ ACQUA NON MANCHI PER NIENTE!
Il nostro Comitato è profondamente scosso dalle notizie provenienti da Rocca di Papa, dove, nella giornata di ieri lunedi 10 giugno 2019, si è verificato un fatto gravissimo che ha portato all’ esplosione della casa comunale durante il suo normale funzionamento. Al bilancio dei danni materiali si sommano circa 16 feriti tra cui 3 bambini ed il sindaco di Rocca di Papa dott. Emanuele Crestini, che nell’ incidente ha riportato gravi lesioni ed ustioni sul 30% del corpo.
Non possiamo omettere l’ informazione che entro il mese corrente sarebbero state presumibilmente demolite le antenne di Monte Cavo e, che ***nelle dichiarazioni a caldo (poi smentite)*** nessuno dei passanti e degli occupanti del comune abbia avvertito “odore di gas” poco prima dell’ esplosione.
A questa tragedia si somma la bruttissima notizia della morte prematura sempre ieri (lunedi 10 Giugno) di un nostro concittadino operaio impegnato nelle proprie mansioni ieri.
A tal proposito il nostro Comitato si stringe attorno alle famiglie dei feriti degli amici di Rocca di Papa e nel rispetto del lutto della famiglia monteporziana comunica da subito che non parteciperà ad alcun festeggiamento e/o evento goliardico / carnevalesco in programma in forma di rispetto per queste incommensurabili tragedie.
AGGIORNAMENTO: con profondo rammarico veniamo a sapere della morte del delegato Vincenzo Eleuteri e, qualche giorno dopo, del sindaco Emanuele Crestini. Il nostro comitato si stringe attorno alle famiglie scosse dal lutto ed a tutta la cittadinanza.
Facciamo il punto sulla situazione Antenne abusive di Monte Cavo (Rocca di Papa).
Breve riepilogo:
L’ordinanza sindacale n°135 del 2003 di demolizione (Ponzo ex sindaco) emessa per tutti i tralicci abusivi per la trasmissione radio-tv divenuta esecutiva a seguito della sentenza del Consiglio di Stato n°2200 del 2017. Dopo un periodo poco chiaro dove invece di dar seguito all’attivazione delle procedure di demolizione sancite dal Consiglio di Stato, l’amministrazione tuttora in carica, sembra entrare in uno stato di stallo: trapelano notizie di confusione da parte degli uffici comunali in merito all’anagrafe delle antenne (non si riesce a capire quante e quali siano le antenne da rimuovere) , si cercano soluzioni alternative (nuovi siti per la delocalizzazione degli impianti, sempre sul territorio di RdP) insomma il tempo passa e i tralicci sono sempre lì. Sembra proprio che il comune di Rocca di Papa non abbia intenzione di procedere.
Il nostro Comitato entra in campo e inizia con tutti gli strumenti possibili a premere sulla amministrazione comunale (assemblee, manifestazioni, incontri con il sindaco, esposti alla Procura di Velletri, articoli sui giornali locali ecc.).
La situazione si sblocca verso dicembre 2018 il sindaco chiede supporto ai consiglieri regionali da sempre in prima linea sulle questioni elettrosmog.
Iniziano una serie d’incontri, dove sono presenti Sindaco (Emanuele Crestini), vice Sindaco (Veronica Cimino) ed assessore all’ambiente del comune di Rocca di Papa, consigliere regionale (Marco Cacciatore) ed il nostro Comitato (Giovanni de Rossi) e da alcuni cittadini di Rocca di Papa soci del nostro comitato. Nei vari incontri vengono messi in evidenza da parte del Sindaco i vari ostacoli alla demolizione. Con l’ausilio di avvocati della regione vengono affrontate uno alla volta tutte le questioni, che ostano la fase di demolizione. Viene inoltre asserito che la problematica principale risulterebbe rappresentata dalla polizia municipale di Rocca di Papa, i quali, dopo svariate richieste del Sindaco si rifiutano di redigere un “Verbale di inottemperanza alle demolizioni”, il quale, come richiesto dalla sentenza del consiglio di Stato, verifichi il perpetrare delle condizioni di abusivismo presenti nell’ordinanza sindacale del sindaco Ponzo del 2003. Senza questo verbale risulterebbe impossibile passare alla fase operativa del processo di demolizione delle antenne.
Finalmente all’inizio di maggio con un ordine di servizio del Sindaco, redatto dagli avvocati, la polizia locale del comune di Rocca di Papa esegue l’ordine di servizio constatando il perpetrare degli abusivismi sulla vetta di Monte Cavo.
Siamo a oggi!
Le procedure per la demolizione dovrebbero essere iniziate, non abbiamo ancora conferma pur avendo richiesto più volte al sindaco di vederci per fare il punto della situazione.
Registriamo inoltre le istanze di commissariamento ad acta della Regione Lazio per nominare un commissario prefettizio al solo scopo di velocizzare e portare a termine il processo di demolizione.
Attendendiamo fiduciosi degli aggiornamenti chiari ed incontrovertibili sulla situazione di azioni oramai non più procastinabili. LE ANTENNE VANNO DEMOLITE DALLA VETTA!
Ma dove verranno messe?
Su questa domanda si aprono scenari sconcertanti se non grotteschi.
Partiamo dal presupposto che ci siamo sempre battuti (e continueremo a batterci) per lo spostamento FUORI DAL PARCO REGIONALE DEI CASTELLI ROMANI di tutte le antenne di Monte Cavo.
Eppure alcune indiscrezioni affermerebbero (il condizionale è d’ obbligo) che siano già state concesse le autorizzazioni ad una emittente atte alla delocalizzazione delle antenne da Monte Cavo vetta nel sito in via di Rocca Priora (zona ex-cava ed ex-canile municipale, vedere immagine). Ma che vantaggio ci sarebbe in suddetto sito?
Spostare le antenne da Monte Cavo vetta (in una situazione di abusivismo conclamata) al nuovo sito nell’ immagine) significherebbe LEGALIZZARE IL PROBLEMA ed , indistintamente conferire a Rocca di Papa l’ infame appellativo di SITO DI RADIO-TV TRASMISSIONE privileggiato per servire l’ utenza di Roma. Con pace e bene a tutti i cittadini di Rocca di Papa che sono stati martoriati ingiustamente per decenni dalle emissioni nocive.
“Alzi la mano chi nel comune di Rocca di Papa non abbia almeno un familiare affetto da qualsivoglia forma oncologica riconducibile all’ esposizione da radiofrequenza!!??”
I cittadini di Rocca di Papa si meritano di più… ma non solo loro!
Sarebbero a rischio non solo i cittadini di Rocca di Papa, ma sopratutto le frazioni La Molara e Castellaccio assieme a Grottaferrata ne risentirebbero di più rispetto ad oggi (essendo l’ eventuale nuovo sito molto più vicino). Inoltre guardando l’ orografia per scavallare la sommità della cava il traliccio dovrebbe essere più alto di 100 metri (cosa che le indiscrezoni di cui sopra confermerebbero) e per completare l’ opera il sito si troverebbe ANCHE circa 2km più vicino a Monte Compatri, ed a Monte Porzio Catone [a tal fine ricordiamo a tutti che in zona Tuscolo il sito di Monte Cavo consta già di 3.5V/m].
Sempre che l’ altezza del traliccio non permetta di scavallare direttamente (o indirettamente) anche il Tuscolo e far arrivare diretto il segnale sul versante rispettivo del paese (su piazza borghese). In una siffata prospettiva avremmo la sommatoria dei segnali di Pratarena e di Monte Cavo, che già oggi (nei punti dove si sommano i contributi) pompa il Campo ElettroMagnetico sopra i 6V/m (limite di legge nelle zone residenziali)!
Come si potrebbe calmierare il rischio? Al vaglio diverse possibilità:
1) potrebbe essere quella di cambiare sito in toto;
2) potrebbe essere quella di spostare SOLO le televisioni digitali e non le radio analogiche, che andrebbero comunque dislocate altrove FUORI dal parco.
Insomma in attesa del riscontro del sindaco Crestini sullo stato di fatto delle demolizioni rimarchiamo il nostro TOTALE DINIEGO a qualsiasi nuova installazione entro i Confini del parco Regionale dei Castelli Romani.
30 anni di esposizione illegale e selvaggia… ora anche basta!
AGGIORNAMENTO: nella mattinata di oggi 30/05/2019 siamo stati contattati dal sindaco di Rocca di Papa Emanuele Crestini che ha confermato le azioni del comune, atte agli abbattimenti. In particolare sono stati già stanziati ufficialmente già 35mila euro e subito sono partite le procedure negoziate con preventivi per identificare la ditta che provvederà a demolire i primi tralicci. A brevissimo aggiudicheranno la procedura amministrativa semplificata e successivamente partiranno le demolizioni.
DEMOLITI I PRIMI DUE TRALICCI SEGUIRANNO GLI ALTRI.I tempi per ultimare queste procedure e gli abbattimenti sono alcune settimane. ATTENDIAMO!
La prossima settimana una delegazione del nostro comitato andrà a chiedere maggiori ragguagli sulla situazione e le previsioni temporali per la bonifica totale del sito, comprese tutte le rimanenti emittenti RADIO-TV assieme alle criticità inerenti una eventuale delocalizzazione in altro sito comunale.