Contro l’ Abbandono dei Rifiuti

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ABBANDONO O DEPOSITO INCONTROLLATO DI RIFIUTI

PREMESSA.

Il senso civico e l’educazione dovranno essere estesi anche al settore della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti, nonché alle conseguenze che ne possono derivare per la salute a causa dell’inquinamento delle diverse matrici ambientali in presenza di condotte illegali, tutti aspetti che dovranno divenire patrimonio comune della percezione della legalità.

POSSIBILI INIZIATIVE.

I comuni dovranno esprimere il proprio virtuosismo mediante iniziative che valorizzino gli strumenti attualmente disponibili, disciplinati dal D. Lgs. n. 267/2000 “Testo Unico delle leggi sull’ordinamento degli Enti Locali” (T.U.E.L.). In particolare, il predetto articolato individua – con gli artt. 30, 31, 32, 33 e 34 – la possibilità per Comuni, Province e Comunità montane di costituire forme associative come convenzioni, consorzi, unioni, esercizio associato di funzioni e servizi da parte dei Comuni ovvero accordi di programma. Peraltro, il comma 7 dell’art. 31 disciplina anche l’ipotesi di consorzi obbligatori per i casi di rilevante interesse pubblico, costituiti con legge dello Stato per l’esercizio di determinate funzioni e servizi per la cui attuazione la competenza è demandata alle leggi regionali. Quindi ampio potere viene normativamente riconosciuto alle Regioni amministrative, che pertanto devono puntare alla ottimizzazione dell’impiego degli strumenti disponibili, come ad esempio:

– incentivando i cittadini a perseguire la raccolta differenziata, stimolandoli altresì ad avvalersi delle isole ecologiche da costituire anche in modo temporaneo mediante scarrabili da posizionare in piazzole dedicate videosorvegliate, eventualmente poste in aree contermini a più comuni, per ridurre i costi di gestione anche mediante la stipula di convenzioni, così consentendo ai cittadini di maturare bonus da scomputare per il pagamento della tassa annuale sui rifiuti;

– stimolare accordi con gli enti deputati al controllo ed alla pulizia delle strade, dei parchi o delle riserve affinché informino immediatamente i Comuni di eventuali abbandoni o addirittura svolgano servizi di pulizia avvalendosi delle stesse isole ecologiche sopra menzionate;

– attivare sistemi di videosorveglianza nelle aree isolate, sensibili, prossime alle zone boschive o di confine tra comuni, da pubblicizzare mediante il posizionamento di specifica cartellonistica che riporti le sanzioni per i casi di abbandono/deposito incontrollato di rifiuti, ma anche come e dove smaltirli indicando il percorso per raggiungere l’isola ecologica/cassoni più vicini;

– accentrare gli investimenti nel peculiare settore presso stazioni appaltanti regionali, più facilmente controllabili, permettendo di ottimizzare gli investimenti infra-comunali ed evitando inutili duplicazioni;

– stimolare percorsi formativi negli ambienti di lavoro, scolastici, presso i centri anziani o di altra tipologia di aggregazione, anche al fine di incentivare la collaborazione tra e con i cittadini;

– rendere più incisivi i controlli da parte delle polizie locali, soprattutto per quanto attiene alla pulizia dei giardini o alle piccole ristrutturazioni così da evitare smaltimenti occulti da parte di coloro che lavorano in nero;

– consentire ai sindaci di poter impiegare i proventi derivanti dalle sanzioni afferenti al contesto solo nel peculiare settore.

DIFFERENZA TRA ABBANDONO, DEPOSITO INCONTROLLATO E DISCARICA ABUSIVA.

Si è in presenza di:

  • abbandono di rifiuti ogni qual volta siano rinvenuti accumuli in aree pubbliche o private, costituiti da “qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o l’obbligo di disfarsi secondo la definizione dell’art. 183 del D. Lgs. n. 152/2016. Si tratta spesso di beni di uso domestico o di provenienza urbana o ancora da lavorazioni artigianali/industriali o da attività di demolizione/costruzione/scavo. Tale ipotesi si concretizza quando l’evento è occasionale e quindi non ripetuto sistematicamente;

  • deposito incontrollato quando ci si disfa di rifiuti con condotte non meramente episodiche, solitamente poste in essere da titolari di imprese/responsabili di enti o operai ad essi riconducibili, che lavorano prevalentemente in nero;

  • deposito temporaneo nei casi in cui è effettuato – nell’ambito di una gestione di rifiuti – secondo le condizioni e le prescrizioni statuite dal citato art. 183 (comma 1, let. “bb”), raggruppando i rifiuti nel luogo di produzione. Tale ipotesi viene utilizzata talvolta per mascherare discariche abusive, sebbene nella iniziale valutazione del legislatore dovesse agevolare le p.m.i. caratterizzate da moderata produzione di rifiuti. Affinché si possa configurare tale forma di deposito, per la giurisprudenza è necessario che le fasi di scarico e successivo prelievo/trasporto non siano intervallate da lunghi periodi in cui i rifiuti restino abbandonati sul suolo in evidente pericolo di inquinamento del terreno sottostante e senza alcuna separazione da quest’ultimo. In caso contrario, si è in presenza di discarica, che diviene abusiva mancando le prescritte autorizzazioni;

  • deposito preliminare se utilizzato come forma di stoccaggio. È previsto sempre dall’art. 183 (comma 1, let. “aa”) e riguarda le attività di smaltimento consistenti nel deposito preliminare di rifiuti (codice D15), nonché le attività di recupero consistenti nelle operazioni di messa in riserva di rifiuti (codice R13);

  • discarica abusiva qualora il deposito incontrollato e l’abbandono di rifiuti diventino indiscriminati e senza la prescritta autorizzazione. Per la configurabilità di tale tipologia di discarica, recente giurisprudenza ha ribadito la necessità che sussistano i seguenti presupposti:

  • l’accumulo dei rifiuti deve essere ripetuto e non occasionale ed avvenire in area determinata;

  • la massa dei materiali accumulati deve essere eterogenea;

  • l’abbandono non deve essere temporaneo, ma definitivo;

  • deve sussistere un degrado anche tendenziale dello stato dei luoghi.

Tale violazione è sanzionata dall’art. 256 del D. Lgs. n. 152/2006. Il D. Lgs. n. 36/2003, nel dare attuazione alla Direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti, stabilisce che si è in presenza di discarica quando si adibisce un’area allo smaltimento di rifiuti, ivi compresa la zona interna al luogo di produzione, nonché qualsiasi area ove i rifiuti sono sottoposti a deposito temporaneo per più di un anno ovvero inferiore a tre anni qualora siano impianti nei quali i rifiuti sono depositati temporaneamente in attesa di essere destinati ad operazioni di recupero, trattamento o smaltimento.

SANZIONI.

I concetti di abbandono e deposito incontrollato di rifiuti sono ipotesi illecite sanzionate dal combinato disposto degli artt. 192, 255 e 256 del D. Lgs. n. 152/20061. In particolare, pur in presenza dello stesso tipo, quantità e qualità di rifiuti, la violazione viene perseguita diversamente atteso che è prevista una sanzione amministrativa nel caso di soggetto privato ovvero penale qualora il responsabile sia una figura giuridica2.

In tale quadro normativo è fondamentale l’accertamento dell’organo di vigilanza3 in quanto il precetto viene spesso aggirato dai titolari di imprese/enti che, per evitare l’assoggettamento alla sanzione penale, tentano di proporsi falsamente come privati cittadini.

In entrambi i casi, comunque, la norma sanziona l’abbandono o il deposito prescindendo dalla constatazione dei conseguenti danni e quindi della reale verifica da parte dell’organo tecnico4, prevalendo la mera condotta posta in essere in violazione del divieto disciplinato dall’art. 192 del TUA, piuttosto che la tutela dell’ambiente, emergendo in tali casi l’occasionalità e la discontinuità delle condotte rispetto a quelle pianificate ed abituali delle discariche abusive5.

Con la sentenza n. 47662/2014, la III Sez. penale della Corte di Cassazione è intervenuta sulla configurabilità dell’abbandono di rifiuti con riguardo al soggetto attivo, che – inserendosi nella lunga serie di pronunce che provano a delineare i confini dell’area di applicabilità del reato di abbandono di rifiuti di cui all’art. 256 comma 2 – rappresenta il definitivo accoglimento dell’interpretazione in senso estensivo dell’espressione “titolari di imprese o responsabili di enti“, qualificando il soggetto attivo del reato. Quindi, la Cassazione ritiene configurabile il reato nei confronti di un soggetto che abbandoni rifiuti nell’ambito di una attività economica esercitata anche di fatto, a prescindere dalla qualificazione formale sua o dell’attività da egli esercitata6, pur non prendendo posizione in ordine all’annosa questione che attiene al momento consumativo del reato7.

Riguardo a quest’ultimo aspetto, con sentenza n. 49590/2015 la Corte di Cassazione ha ripercorso l’indirizzo giurisprudenziale che vede il richiamato reato concretizzarsi:

  • nel deposito incontrollato con natura permanente vista la prodromicità della condotta rispetto al successivo smaltimento o recupero e conseguente prescrizione decorrente dall’ultima condotta perpetrata;

  • nell’abbandono con natura istantanea non presupponendo ulteriori condotte e con prescrizione decorrente dal quel momento.

Pertanto se il reato di abbandono di rifiuti ex art. 256, comma 2, del D. Lgs. n. 152/2006 ha natura istantanea, quello di deposito incontrollato ha natura permanente.

Ulteriore aspetto d’interesse è legato al concorso di persone nel reato di abbandono di rifiuti speciali di cui all’art. 256 comma 2. La sentenza n. 30123/2012 sempre della Suprema Corte interviene in materia di sanzioni per abbandoni di rifiuti speciali a carico di un privato resosi responsabile di essersi avvalso di una ditta di autotrasporto per portare i rifiuti sul suo terreno, agendo dunque in concorso con il titolare della ditta per l’abbandono dei rifiuti, così da ritenere appropriata – anche nel caso di abbandono di rifiuti effettuato da un privato – la sanzione penale8 di cui all’art 256/2° del D.Lgs. n. 152/2006 anziché quella amministrativa prevista dall’art. 255.

A CHI COMPETE INTERVENIRE.

Per l’art. 192 del D. Lgs. n. 152/2006 “divieto di abbandono”, chiunque viola i divieti di abbandono e deposito incontrollato di rifiuti è tenuto a rimuoverli, avviandoli a recupero o allo smaltimento, ed a ripristinare lo stato dei luoghi in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento dell’area, ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o colpa9. Il Sindaco


Note:

1 Noto anche come Testo Unico dell’Ambiente (T.U.A.). Gli articoli in argomento sono rubricati, rispettivamente: 192divieto di abbandono255abbandono di rifiuti” e 256attività di gestione di rifiuti non autorizzata”.

2 Infatti, l’art. 255 prevede una sanzione amministrativa pecuniaria da 300 a 3.000 euro (aumentata fino al doppio se i rifiuti sono pericolosi) per chiunque abbandoni o depositi rifiuti ovvero li immetta nelle acque superficiali o sotterranee in violazione… agli artt. 192, 226 e 231 del TUA. Tale previsione sanzionatoria si rivolge a tutti, quindi, senza richiedere in capo al soggetto agente una particolare qualifica soggettiva.

Il successivo art. 256 punisce penalmente con l’arresto da 3 mesi a 1 anno o con l’ammenda da 2.600 a 26.000 euro (arresto da 6 mesi a 2 anni e con l’ammenda da 2.600 a 26.000 euro se i rifiuti sono pericolosi), invece, chiunque svolga attività di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio e intermediazione di rifiuti in mancanza della prescritta autorizzazione (comma 1), ovvero sia titolare di imprese e/o responsabile di enti che abbandonino o depositino in modo incontrollato i rifiuti… (comma 2).

3 Con riferimento non solo alla persona che compie l’atto, ma anche alla natura domestica o meno dei rifiuti abbandonati o depositati in modo incontrollato. Cfr. M. SANTOLOCI, Tecnica di Polizia Giudiziaria Ambientale, ed. 2016, pp. 498 e 499.

4 Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale, di seguito ARPA.

5 Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 8 marzo 2013, n. 10927, Presidente Lombardi – Relatore Ramacci.

6 la Suprema Corte esplicita quali debbano essere i criteri rivelatori cui il giudice deve in concreto far riferimento nel verificare che l’agente abbia posto in essere la condotta di abbandono di rifiuti nell’esercizio di una attività imprenditoriale (anche) di fatto: “a) l’utilizzo di mezzi e modalità che eccedano quelli normalmente nella disponibilità del privato; b) la natura e la provenienza dei materiali; c) la quantità e qualità dei soggetti che hanno posto in essere la condotta“.

7Con riferimento alla natura istantanea o permanente del reato, la Corte di Cass. esprime i seguenti orientamenti contrastanti:

  • prevalente per numero di pronunce e precedenza nel tempo, secondo cui il reato di abbandono di rifiuti ha natura di reato istantaneo, eventualmente con effetti permanenti, in quanto “…si consumerebbe al momento dell’abbandono, senza che abbia rilievo la successiva omessa rimozione“;

  • più recente compendiato nell’opposta tesi del reato permanente “sul presupposto che, integrando la condotta prevista dalla norma una forma di gestione del rifiuto preventiva rispetto al recupero od allo smaltimento, la sua consumazione perdurerebbe sino allo smaltimento o al recupero“;

  • intermedio compendiato nella sentenza n. 30910 depositata il 15 luglio 2014, secondo cui la natura istantanea o permanente del reato deve essere stabilita dal giudice sulla base del “dinamismo criminoso dell’attività di gestione del rifiuto” posta in essere dal soggetto attivo.

8 Le risultanze cui è giunta la Suprema Corte hanno importanti risvolti nella pratica quotidiana dei controlli. Nell’esaminare le ipotesi di abbandono commesse da privato ovvero dal titolare di impresa o ente, la Corte ritiene che se un soggetto – nonostante sia ritenuto formalmente privato – abbandona rifiuti non propri, ma derivanti da attività di impresa o enti, nei suoi confronti verrà comminata una sanzione penale; di contro, se un soggetto titolare di impresa o rappresentante di un ente, abbandona rifiuti propri e non attinenti all’attività e qualifica ricoperta, sarà sottoposto al regime di maggior favore previsto dalle sanzioni amministrative.

9 Con tale inciso non è sufficiente, quindi, essere proprietari dell’area per divenire responsabili amministrativamente o penalmente, ma sarà competenza dell’organo di vigilanza accertare se lo stesso abbia espressamente e volontariamente autorizzato l’abbandono o il deposito (dolo) ovvero se possa riscontrarsi a suo carico imprudenza, imperizia, negligenza tale da determinare una colpa penalmente rilevante anche se meramente omissiva come la mancata vigilanza attiva o la segnalazione tempestiva alle autorità, avendo invece passivamente tollerato tali illeciti per un certo periodo di tempo.